Evangelizzazione e pastorale, ma anche impegno sociale e dialogo interreligioso. La missione “plurale” del Pime in Camerun
La missione del Pime in Camerun, giunta ormai al traguardo del mezzo secolo, presenta alcuni tratti che la rendono particolare, nell’insieme delle esperienze ad gentes condotte dall’Istituto nei vari continenti.
Occorre notare, in primis, che si tratta di una presenza missionaria che, più di altre, è “figlia del Concilio”. È, infatti, proprio nel clima del Vaticano II e della riscoperta del protagonismo della Chiesa locale in ordine all’evangelizzazione ad gentes che matura la decisione della diocesi di Treviso di aprire una presenza missionaria in Africa. Verrà realizzata ad Ambam, in Camerun, gemellandosi con la diocesi di Sangmelima e attivando una collaborazione con il Pime. Questa collaborazione è durata per un lungo periodo e di recente è stata riproposta per alcuni anni, in una missione in Ciad a poca distanza dal confine con il Camerun. Non solo: lungo gli anni, si sono via via intensificati, anche se solo a livello informale, molti rapporti tra i missionari del Pime e alcune diocesi italiane (Como, Mondovì…), che hanno mandato in loco sia sacerdoti che laici.
Qui veniamo a un secondo aspetto: anche a motivo della stabile situazione politica, per lungo tempo assai meno conflittuale di altri Paesi africani, le missioni del Pime in Camerun hanno visto, nel corso dei decenni, la presenza di numerosi laici e coppie, molti dei quali nelle file dell’Associazione laici Pime (Alp). E questo ha sicuramente contribuito a plasmare il volto della presenza dell’Istituto e la sua testimonianza missionaria, dandole un volto plurale e peculiare.
Ancora. L’esperienza camerunese è un esempio concreto che dimostra come la missione obbedisce alla storia e legge i “segni dei tempi”. Che significa? In una prima fase, a partire dagli anni Settanta, ha significato dirigersi in una zona del Paese più difficile ed esigente, ma chiaramente più “missionaria”, il che ha comportato l’abbandono della missione di Ambam e l’apertura di una presenza sempre più consistente nelle regioni del Nord e nell’Estremo Nord del Paese.
In tempi recenti, l’obbedienza alla storia ha comportato la scelta, a malincuore, di ridimensionare e ridistribuire tale presenza a motivo delle incursioni dei terroristi di Boko Haram dalla Nigeria. Ma, al tempo stesso, ha aperto, altresì, nuove possibilità di servizio ai più vulnerabili.
La missione in Camerun rappresenta un esempio felice di come, secondo lo stile dell’Istituto, i carismi e la genialità individuali possano essere messi a servizio di un progetto corale di evangelizzazione. Mi riferisco tanto alle iniziative nel campo dell’inculturazione e del dialogo con l’islam quanto alle esperienze condotte nel campo della solidarietà con i più deboli.
Per questo, così come si usa dire che il Camerun è un po’ “l’Africa in miniatura”, si può forse affermare che la missione Pime in Camerun, lungo questi cinquant’anni, ha espresso un po’ le varie dimensioni di impegno dell’Istituto in Africa e lo ha fatto in contesti diversi, sia di città che di villaggio, in ambienti animisti o a forte presenza musulmana.
Per fare qualche esempio, nell’ambito del primo annuncio e dell’inculturazione non si può citare l’impegno del “pioniere” nel Nord, padre Silvano Zoccarato (autore anche di numerose pubblicazioni sul mondo tupuri), cui è seguita l’intensa attività sulla lingua e la cultura di quel popolo da parte dei padri Piergiorgio Cappelletti e Mario Frigerio (cfr. articolo precedente). Anche padre Toni Michielan ha lavorato (e sta lavorando) alla traduzione dei testi biblici e liturgici, nel suo caso in guizigà (altra popolazione del Nord). Nel primo annuncio, sono impegnati i padri Giovanni Malvestio (da pochi anni parroco a Yaoundé), Marco Frattini (in Ciad) e l’indiano Xavier Ambati (oggi a Kaélé con Michielan), negli anni scorsi protagonista di un “esodo forzato” da Kousseri e Waza per il pericolo-Boko Haram.
Da lunghi anni impegnato nel dialogo con l’islam è, in particolare, padre Giuseppe Parietti, che recentemente ha fondato, insieme a un missionario spagnolo, un’associazione che lavora su questo delicato tema. Il giovane confratello Luca Dal Bo, dopo un’esperienza di missione in Ciad, ha appena terminato gli studi sul dialogo interreligioso a Parigi, in vista di un suo prossimo rientro in Camerun.
Nell’ambito della pastorale di evangelizzazione, alcuni padri sono impegnati in due parrocchie di Yaoundé: l’anziano Carlo Scapin, vicario della parrocchia San Biagio di Mvog Ebanda, di cui è stato parroco fino a poco tempo fa padre Rino Porcellato (recentemente sostituito da padre Alberto Sambusiti). Nell’altra parrocchia della capitale, dedicata a Nostra Signora di Lourdes, è attivo padre Sleeva Palli, indiano come Matthew Sabin Kaniyaparambil, l’ultimo arrivato in Camerun.
La testimonianza della carità e il servizio ai poveri sono un altro ambito privilegiato di impegno missionario del Pime in Camerun. Se padre Danilo Fenaroli a Mouda, nel Nord, ha fondato nel 1997 il Centro Betlemme – dove sono accolti disabili psichici e fisici, orfani, non udenti… -, nella capitale, molti ragazzi di strada o ex detenuti hanno trovato una mano amica grazie a padre Maurizio Bezzi, che (per anni insieme a padre Marco Pagani e oggi grazie soprattutto all’aiuto di una laica locale, Mireille Yoga) gestisce il Centro Edimar. Impegnati in molteplici attività di sviluppo sociale sono poi i missionari laici Ottorino Zanatta, Domenico Vicari e Fabio Mussi. A quest’ultimo, dal 2010, la diocesi di Yagoua ha affidato il coordinamento delle attività sociali e caritative di Codas-Caritas. Infine, i padri Fabio Bianchi e Francisco Vicente da Silva si occupano della cura e della promozione delle vocazioni missionarie locali.