La crisi causata dalla rivolta di Boko Haram nel nord-est della Nigeria ha provocato la chiusura di migliaia di scuole – il 57 per cento solo nello stato di Borno -, e sono 3 milioni i bambini che non hanno accesso a un’istruzione regolare.
“La falsa educazione è male” è la traduzione letterale di Boko Haram, il gruppo terroristico islamista che dal 2010 compie attentati nel nord della Nigeria e almeno dal 2014 anche nell’estremo nord del Camerun. In quest’ultima regione ha compiuto 30 attentati suicidi dallo scorso aprile, più di uno alla settimana.
Lo stato di totale insicurezza creato – e mantenuto con attacchi a scadenza regolare – da Boko Haram sta avendo una conseguenza che è qualcosa in più di un effetto collaterale: la chiusura delle scuole e l’impossibilità di molti bambini e ragazzi di accedere a un’istruzione. Sia in Nigeria che in Camerun.
Più della metà delle scuole, il 57%, sono chiuse nello Stato nigeriano del Borno, il più colpito dagli attacchi terroristici di Boko Haram, fa sapere oggi un comunicato dell’Unicef. Scuole che non hanno riaperto nemmeno con l’inizio del nuovo anno scolastico.
Dal 2009, nel nord-est, oltre 2.295 insegnanti sono stati uccisi e 19 mila sono stati sfollati. Circa 1.400 scuole sono state distrutte e la maggior parte non possono riaprire a causa di ingenti danni o perché si trovano in aree ancora poco sicure. Si stima che 3 milioni di bambini abbiano bisogno di supporto per l’istruzione.
«I bambini nel nord-est della Nigeria stanno vivendo tanti orrori», ha dichiarato Justin Forsyth, vicedirettore dell’Unicef, al termine di una missione di tre giorni a Maiduguri, l’epicentro della crisi nel nord-est. «In aggiunta alla terribile malnutrizione, alle violenze e all’epidemia di colera, gli attacchi contro le scuole rischiano di creare una generazione perduta di bambini, minacciando il loro futuro e quello delle province».
Una situazione analoga si sta verificando da tempo nell’estremo nord del Camerun. A segnalarla è fratel Fabio Mussi del Pime: «Centinaia di scuole sono state chiuse nell’area di confine con la Nigeria», spiega il missionario, che è anche responsabile della Caritas locale. «Le famiglie che vogliono continuare a mandare i figli a scuola sono costrette a spostarsi di trenta o quaranta chilometri all’interno del Paese, allontanandosi dalla zona di frontiera dove avvengono attacchi regolari. Oppure c’è chi manda i figli da parenti che vivono in zone non colpite. Ma non tutti, ovviamente, hanno questa possibilità. Sono circa diecimila i ragazzi che si sono spostati per continuare a studiare».
In Nigeria circa un milione di bambini sono stati sfollati dalla crisi e si prevede che quest’anno saranno 450 mila i bambini sotto i cinque anni colpiti da malnutrizione acuta grave.