Il monito dell’arcivescovo di Milano durante la Veglia Missionaria: «Siamo pochi, siamo vecchi, siamo inadeguati e, dunque, cerchiamo di essere missionari a casa nostra? Quello che sembra buon senso è solo viltà e pretesto per adeguarsi alla logica del mondo»
Ieri nel Duomo di Milano si è tenuta l’annuale Veglia Missionaria durante la quale l’arcivescovo Mario Delpini ha affidato il mandato a 18 missionari della Chiesa di Milano (5 preti, 3 religiose e 10 laici) in partenza per la missione. Durante la sua omelia mons. Delpini – riflettendo sulla frase evangelica “La messe è molta” al centro di questa Giornata missionaria 2017 – ha offerto una serie di riflessioni sferzanti sulla missione alla Chiesa ambrosiana. Proponiamo qui sotto i tre passaggi centrali del suo intervento.
«La logica della missione è la sproporzione. La missione è sproporzionata alla disponibilità degli operai. Forse il calcolo induce a circoscrivere l’orizzonte della missione alle forze disponibili: siamo pochi, siamo vecchi, siamo inadeguati e, dunque, cerchiamo di essere missionari a casa nostra, poi penseremo al resto del mondo. E questo “poi” non arriva mai. Quello che sembra buon senso è viltà, quello che si presenta come saggezza è pretesto per adeguarsi alla logica del mondo. Invece, proprio tale sproporzione è la ragione per andare».
«Pregate e non confondete la preghiera con qualche momento di silenzio, con qualche momento di emozione. Se la preghiera non è una docilità, una passività, un lasciarsi plasmare dallo Spirito, se è solo un dovere, uno sforzo, un adempimento, c’è da dubitare che si tratti di preghiera. Se la preghiera non persuade alla parola che dice: “Andate come agnelli in mezzo ai lupi”, c’è da dubitare che abbiamo pregato. Pregare è il segreto per partire per la missione anche se siamo pochi e ci sentiamo inadeguati perché la preghiera ci fa conformare a Gesù».
«Noi non rifuggiamo dai pensieri grandi, ma siamo anche convinti che il nostro posto è nel gesto minimo. Il gesto minimo è quello del bicchiere d’acqua per l’assetato, del pane condiviso con l’affamato. Il gesto minimo comincia oggi, non aspetta che si risolva il problema della fame nel mondo, ma consegna tutto quello che serve per il fratello che ha fame. Il gesto minimo non è l’azzardo sconsiderato, ma la docilità incondizionata. Noi che abitiamo la sproporzione, raccolti stasera in preghiera, abbiamo la semplicità di dire, con trepidazione e con fiducia, “Eccomi”»
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