«Ho imparato, in questa terra benedetta ma così lacerata dai contrasti sociali, che i poveri non sono soltanto oggetto della nostra solidarietà, ma soggetto della propria e altrui trasformazione». La Giornata Mondiale dei poveri, che si celebra domenica, vista dalle favelas di San Paolo.
«”Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità”: è una delle lezioni fondamentali che il popolo brasiliano insegna a noi missionarie, se la vogliamo imparare. I nostri docenti sono i mendicanti che a San Paolo stazionano sui marciapiedi delle fermate della metropolitana o nella piazza della cattedrale, e soprattutto le persone umili, semplici e povere delle comunità cristiane in cui operiamo». Suor Silvia Serra, missionaria dell’Immacolata, vive in quartiere povero della periferia di San Paolo. E da qui scrive pensando alla Giornata mondiale dei poveri, che si celebra per la prima volta quest’anno, domenica 19 novembre.
Suor Silvia non racconta della sua opera fra i poveri, ma di quello che la favela le ha insegnato. Di come una comunità povera e marginalizzata ha rivelato la sua ricchezza e generosità, donando a partire dalla propria povertà. Di famiglie che si riuniscono intorno alla Parola di Dio condividendo problemi, ansie, speranze, angosce e cercando cammini e forza per lottare per i propri diritti. Di un gruppo di donne che crede nel protagonismo di ragazzi, bisognosi solo di un’opportunità per sviluppare le proprie potenzialità.
Il suo non è il racconto di una missionaria europea che va ad aiutare i poveri dall’altra parte del mondo, ma di una comunità multietnica di religiose che vive fra la gente del quartiere, costruendo reti di amicizia e vicinanza. Parla piuttosto di iniziative nate dalle proprie povertà e fragilità, come l’attività di suor Jyothi Sathianapalli, una consorella indiana che si è specializzata in terapie riabilitative complementari come la massoterapia e dedica parte del suo tempo ad alleviare i dolori del corpo di molte persone. Un desiderio nato in lei in modo decisivo otto anni fa, mentre stava soffrendo per la riabilitazione dopo un’operazione al ginocchio.
Un racconto dalla periferia, che aiuta a vedere i poveri senza pietismo, senza carità. Perché ha forse più senso aiutarci reciprocamente. Come le dita di una mano
Leggi qui l’articolo integrale di suor Silvia Serra e della sua comunità