Martiri  di Damasco

Martiri di Damasco

Domenica 20 ottobre, Giornata missionaria mondiale, la Chiesa cattolica avrà 14 nuovi santi. Tra questi, otto francescani e tre laici maroniti uccisi nel 1860. La loro vicenda richiama tante sofferenze anche attuali dei cristiani del Medio Oriente

Saranno proclamati santi i “martiri di Damasco”, otto francescani e tre laici maroniti uccisi in odio alla fede nel 1860. Si tratta del beato Emanuele Ruiz e dei sette compagni dell’Ordine dei frati minori, e di tre fratelli – Francesco, Abdel Mooti e Raffaele Massabki -, che hanno perso la vita a causa di un’ondata di violenza che vide i drusi scagliarsi contro i cristiani. A stabilirlo è stato Papa Francesco che, nella domenica in cui si celebra la Giornata missionaria mondiale, ha scelto significativamente di proclamare 14 nuovi santi. Tra di loro anche l’italiano padre Giuseppe Allamano (1851-1926), fondatore dei Missionari della Consolata (cfr. p. 11).

La canonizzazione dei “martiri di Damasco” è un “dono” molto atteso dai cristiani del Medio Oriente. Beatificati da Papa Pio XI nel 1926, la loro festa liturgica si celebra il 10 luglio nella chiesa di San Paolo di Damasco, che ne custodisce le spoglie.

La loro storia riassume molte delle sofferenze anche attuali dei cristiani di quelle terre. I frati francescani (sette spagnoli e un austriaco) vivevano nel quartiere damasceno di Bab-Touma, dove dividevano il pane con i poveri in un tempo molto difficile. Nel quadro della crisi dell’Impero ottomano e delle pressioni delle potenze europee, nel dicembre 1842 l’allora sultano Abdul Mejid I aveva accolto la proposta del principe austriaco Metternich di dividere il Monte Libano in due distretti distinti: uno a Nord per i cristiani e uno a Sud per i drusi. Ma alcune violenze scoppiate a Beirut nel 1860 fecero precipitare la situazione, innescando un’ondata di sangue nella quale morirono migliaia di cristiani in tutta la regione.

Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1860, i frati e i tre fratelli maroniti si rifugiarono all’interno delle solide mura del convento. Il padre guardiano Emanuele Ruiz aveva preparato i confratelli al peggio, invitandoli a confessarsi e a comunicarsi. E in effetti qualcuno li tradì, lasciando entrare gli assassini nel complesso da una piccola porta. La loro storia è anche una testimonianza di quell’ecumenismo dei martiri vissuto da tante comunità cristiane del Medio Oriente. Pur divise per ragioni storiche da riti diversi, si sono ritrovate anche in tempi recentissimi a testimoniare insieme fino al dono della vita la stessa fede in Cristo Gesù.

In questo senso la canonizzazione dei “martiri di Damasco” è molto significativa anche alla luce del Giubileo 2025, nella cui bolla di indizione “Spes non confundit”, Papa Francesco scrive: «Abbiamo bisogno di custodire la testimonianza dei martiri per rendere feconda la nostra speranza. Questi martiri, appartenenti alle diverse tradizioni cristiane, sono anche semi di unità perché esprimono l’ecumenismo del sangue».