Scappata dalla regione della Nigeria dove Boko Haram semina il terrore, Marceline, con i suoi tre figli piccoli, è stata accolta in Camerun. Dove ha incontrato solidarietà.
«Una decina di giorni fa i servizi sociali di Yagoua ci hanno chiamato per confrontarci sul caso di Marceline, una giovane mamma di 24 anni arrivata nella notte a Yagoua. Era scappata in fretta e furia dalla zona della Nigeria al confine con il Camerun dove Boko Haram semina il terrore, senza nemmeno poter prendere con sé i documenti di identità. È arrivata a Yagoua con un bimbo di 4anni e mezzo e due gemelline di 2 mesi».
A raccontare la storia di Marceline e dei suoi figli è – nella sua lettera di Pasqua – fratel Fabio Mussi, missionario laico del Pime nella diocesi di Yagoua nell’Estremo Nord del Camerun, un’area resa insicura dalle periodiche incursioni dalla Nigeria del gruppo terroristico Boko Haram. Tanto che anche le scuole hanno dovuto chiudere: 170 sono gli istituti che hanno chiuso i battenti a causa dell’insicurezza nel 2015, e solo 37 hanno riaperto a settembre dello scorso anno.
Eppure, in mezzo alle grandi difficoltà vissute dalla popolazione, racconta fratel Fabio, ci sono anche segni di rinascita e di grande solidarietà. Come mostra la vicenda di Marceline.
«Suo marito era un militare dell’esercito nigeriano ed è morto qualche mese fa per mano di Boko Haram mentre lei era ancora incinta», continua a raccontare fratel Mussi. «Purtroppo a Yagoua non esistono strutture che possono accogliere mamme sole nella sua situazione. La prima cosa che abbiamo fatto è stata portare tutta la famiglia all’ospedale in quanto le gemelline erano un po’ malnutrite. La stessa Marceline non ha molto di cui mangiare, e di conseguenza il suo latte non è abbastanza nutriente. Vorrebbe restare a Yagoua con i suoi bambini, cercando una stanza in affitto e poi darsi da fare per cercare qualche lavoretto in modo da poter dare da mangiare ai suoi bambini».
«All’ospedale Marceline, Fabién, Debora e Florance sono stati aiutati dalla solidarietà di tutti», continua fratel Mussi. «Noi come Codas Caritas abbiamo provveduto alle spese mediche, fornito il latte artificiale (visto che all’ospedale era finito), ed altre piccole cose. Il personale dei servizi sociali si occupava di portare un pasto al giorno e quando non bastava erano le altre mamme anch’esse ricoverate con i loro bambini che condividevano il loro cibo; i medici e le infermiere hanno regalato dei vestiti per le gemelline e per Fabién. Noi speriamo che, con il contributo di tutti, si possa trovare una soluzione definitiva per Marceline e i suoi figli».