La crisi politica in Repubblica Democratica del Congo potrebbe rivelarsi una vera e propria bomba a orologeria. È quanto sostiene un analista congolese che ripercorre pericoli e prospettive del suo travagliato Paese
I molti mali che distruggono il Paese derivano innanzitutto da una cattiva governance. Le elezioni presidenziali che, in base alla Costituzione, si sarebbero dovute tenere a dicembre 2016 sono state rinviate e la corruzione è diventata una prassi così come la cultura dell’impunità. Il sistema educativo è gravemente deteriorato e quello giudiziario protegge solo i potenti, mentre i gruppi armati aumentano di giorno in giorno e controllano immense aree in alcune province. Il flusso di rifugiati nelle nazioni vicine e di profughi interni è tra i più alti del continente e l’accaparramento di terre ha superato, secondo Land Matrix, quello di qualsiasi altra nazione africana.
Resistenza della società civile
Molti gruppi della società civile stanno spingendo per il cambiamento e molti loro membri sono stati incarcerati per aver fatto attività politica e denunciato ciò che sta avvenendo nel Paese. Il loro rilascio è una priorità in questo tempo di grande sofferenza e tensione. Il 31 dicembre 2017, il 21 gennaio e il 25 febbraio 2018, il Comité Laïc de Coordination (Clc), un gruppo di laici supportati dalla Chiesa cattolica, ha organizzato proteste pacifiche per chiedere, tra l’altro, elezioni trasparenti, regolari e libere. Le forze di sicurezza hanno risposto con violenza, disperdendo la folla dalle strade e dalle chiese e usando i gas lacrimogeni. Preti e chierichetti che erano alla testa delle marce sono stati picchiati. Alcuni rapporti dicono che almeno una dozzina sono stati uccisi e centinaia feriti, con danni alle proprietà per migliaia di dollari. Alcuni sacerdoti sono stati ulteriormente presi di mira dal governo, con interrogatori, arresti e minacce di morte anonime.Questa mobilitazione popolare della Chiesa cattolica si distingue come uno sforzo unificante in un Paese in cui le comunità sono divise secondo linee etniche e politiche e spesso si scatena la violenza per mantenere lo status quo. Sebbene il governo manchi di volontà politica, i cittadini devono continuare a chiedere il rispetto dello Stato di diritto. Ciò include la richiesta di elezioni e il vegliare sul fatto che non venga apportato alcun cambiamento alla Costituzione, in particolare per quanto riguarda il limite del mandato presidenziale. Ovviamente, la continua negazione del diritto dei cittadini di mobilitarsi e di esprimere opinioni è una grave violazione dei diritti costituzionali.
Pericoli e prospettive
Gli organizzatori di marce pacifiche devono stare molto attenti a non cadere nella trappola della violenza, che potrebbe dare al governo un pretesto per dichiarare lo stato di emergenza.Infatti il Presidente Joseph Kabila potrebbe utilizzare l’esercito per sospendere tutte le istituzioni statali e la Costituzione, aumentando il pericolo che possa essere modificata. È importante che gli organizzatori di proteste pacifiche siano attenti a verificare che non ci siano infiltrati tra i dimostranti, agenti del governo o ladri che tentano di creare il caos e la violenza gratuita.La domanda più attuale è come rendere le elezioni veramente indipendenti e affidabili. Vale la pena giungere alle elezioni in fretta? O è più importante raggiungere un processo comune e accolto da tutte le varie espressioni della classe politica?Le divisioni etniche sono uno strumento fondamentale dei politici per mantenere e consolidare il loro potere. Pertanto, al popolo congolese deve essere costantemente ricordato di riconoscere e prendere le distanze dal settarismo e dalla violenza legate all’etnia. Un’instabilità diffusa e etnica potrebbe essere strumentalizzata per giustificare un ulteriore ritardo delle elezioni.La comunità internazionale dovrebbero coordinare le sanzioni mirate su chi sta organizzando e causando violenze e divisioni. E soprattutto non dovrebbe sostenere o finanziare la lotta armata. Gli Stati membri delle Nazioni Unite dovrebbero chiedere un mandato più forte per le truppe di mantenimento della pace nella Repubblica Democratica del Congo, simile alla Brigata d’intervento (risoluzione 2098 delle Nazioni Unite), che ha contribuito ad annientare il gruppo ribelle M23 nel 2013.
Un Pese democratico, pacifico e prospero ha il potenziale per grandi miglioramenti sociali ed economici non solo per il popolo congolese, ma con ripercussioni positive anche sui nove Paesi vicini e oltre. La lotta per avere istituzioni forti e uno Stato di diritto è l’unico modo in cui la repubblica Democratica del Congo potrà esprimere tutto il suo potenziale. Per questo è necessaria una forte solidarietà tra i cittadini congolesi, affinché il Paese non cada sotto una dittatura ma possa avviarsi verso una trasferimento di potere ordinato e democratico.
Bahati Jacques è un analista politico di Africa Faith and Justice Network a Washington (USA) dal 2007. È originario della Repubblica Democratica del Congo (RDC). Ha conseguito una laurea in Filosofia (2000) da La Ruzizi a Bukavu / DRC, Masters of Divinity (2006) e Masters of Arts in Ethics (2007) alla Catholic Theological Union a Chicago / Stati Uniti.