Se n’è andato l’11 luglio, all’età di 81 anni, il cardinal Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo emerito di Kinshasa e figura di grande rilievo nella Chiesa africana e anche nella politica della Repubblica Democratica del Congo
«Il ruolo della Chiesa, che per natura ha la missione di unire i popoli e le nazioni più diverse, è di impegnarsi a condurre i belligeranti al dialogo e al tavolo dei negoziati per arrivare a una soluzione pacifica, al perdono reciproco e alla riconciliazione nazionale. Là dove può farlo ed è accettata, la Chiesa deve proporre i suoi servizi e la sua mediazione, mettendosi al di sopra delle parti, mostrando agli uni e agli altri gli imperativi della verità, della giustizia, dell’equità, del bene comune e dell’interesse superiore della nazione. In breve, deve farsi messaggera di pace, dignità umana, dialogo, riconciliazione, fraternità universale (Chiesa famiglia-di-Dio) e di speranza fondata sul mistero pasquale (croce-morte-resurrezione). Questo implica che la Chiesa sia sempre al fianco della gente che soffre e si metta al suo servizio».
Così ci diceva il cardinale Monsengwo in un’intervista di alcuni anni fa. In più occasioni, in Repubblica Democratica del Congo come a Roma, abbiamo incontrato questo porporato dal parlare franco e dal piglio risoluto. Una figura di grande rilevanza non solo della Chiesa congolese, ma di tutta l’Africa.
Il cardinale è deceduto domenica 11 luglio a Parigi, dove era stato trasferito d’urgenza qualche giorno prima per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute. È stato il suo successore, il cardinal Fridolin Ambongo, a rendere nota la notiza in un comunicato con cui si annunciava «con profondo dolore alla comunità cristiana cattolica e a tutte le persone di buona volontà la morte del cardinale Laurent Monsengwo».
Impegno socio-politico
Oltre che per il suo ruolo di primo piano sul piano ecclesiale, il cardinal Monsengwo è conosciuto anche per il suo grande impegno sociale e politico. Per molti anni, infatti, è stato in prima linea nel promuovere il processo di democratizzazione del suo Paese. Negli anni Novanta, in particolare, l’arcivescovo ha ricoperto un ruolo politico di grande rilievo nell’allora Zaire del maresciallo Mobutu Sese Seko. Nominato nel 1992 presidente della Conferenza nazionale sovrana, l’organismo che avrebbe dovuto condurre il Paese verso la democrazia, fu osteggiato sia da Mobutu che dai suoi oppositori. Il duplice boicottaggio ha di fatto annullato non solo le doti diplomatiche del prelato, ma anche qualsiasi tentativo di soluzione pacifica dei problemi zairesi. L’arcivescovo aveva così consegnato le sue dimissioni dall’Alto consiglio della Repubblica dello Zaire il 30 gennaio 1996.
E mentre Mobutu, già gravemente malato, prometteva elezioni generali, l’Alleanza delle Forze democratiche di liberazione (Afdl), guidate da Laurent-Désiré Kabila, cominciava la sua vittoriosa e rapidissima avanza partendo dall’est del Paese. Il 15 marzo 1997, l’Afdl conquistava Kisangani e il 17 maggio entrava nella capitale Kinshasa.
Nell’agosto del ’98, mentre Kisangani era sotto il controllo delle milizie ribelli, mons. Monsengwo denunciava a più riprese e in modo accorato lo stato di militarizzazione cui era sottoposta la sua città e le sistematiche violazioni delle libertà individuali e dei diritti dell’uomo.
Questo suo impegno per la pace e la riconciliazione lo ha portato con sé anche a Kinshasa di cui è stato arcivescovo del 2007 al 2018. Qui ha continuato a esporsi pubblicamente con grande forza e determinazione. Si ricorda ancora il durissimo intervento a inizio gennaio 2018, dopo che il regime del presidente Joseph Kabila aveva represso violentemente una manifestazione di cattolici, uccidendo almeno cinque persone. «È tempo che la verità prevalga sulla menzogna sistemica, che i mediocri si facciano da parte e che la pace e la giustizia regnino in Repubblica Democratica del Congo».
«Questo Paese – ci diceva in un’intervista – deve tornare a essere quello che era: una grande nazione e uno Stato di diritto, sovrano, nel rispetto della sua integrità territoriale. Questo può essere possibile solo attraverso la creazione di istituzioni repubblicane, affinché il Paese sia opportunamente governato. Ogni conquista del potere fatta attraverso le armi deve essere messa al bando. Oltre alla classe politica e al governo, questo dialogo deve riunire le diverse componenti della società civile, compresa la Chiesa».
Grande figura di Chiesa
Ordinato sacerdote nel 1963, laureato in teologia biblica, il cardinale Monsengwo è stato il primo africano ad aver conseguito il dottorato in Sacra Scrittura presso il Pontificio istituto biblico di Roma. Professore di teologia presso l’attuale Università Cattolica del Congo e in vari seminari, è stato Segretario generale della Conferenza episcopale dello Zaire tra il 1976 e il 1980 prima di essere nominato da Papa Giovanni Paolo II vescovo ausiliare di Inongo e poi di Kinsangani, di cui è diventato arcivescovo nel 1988, per poi ricoprire lo stesso ruolo nella capitale Kinshasa dal 2007 al 2018.
Dal 1997 al 2003, Monsengwo è stato anche presidente del Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar (Sceam) e presidente di Pax Christi International e poi di nuovo della Conferenza episcopale nazionale del Congo (Cenco) nel 2004.
È stato creato cardinale da Benedetto XVI nel 2010, il terzo del suo Paese, dopo Joseph Malula e Frédéric Etsou. In tale veste ha partecipato al conclave che ha portato all’elezione di Papa Francesco nel 2013. Nell’aprile dello stesso anno ha fatto parte del Consiglio dei nove cardinali incaricati di aiutare il Papa nel governo della Chiesa universale.
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