Nell’Estremo Nord del Camerun la struttura offre accoglienza, cure sanitarie, istruzione e formazione professionale con un’attenzione speciale a bambini sordomuti e persone con disabilità. Ma, dopo il lockdown, ha bisogno di un aiuto
«Il cuore della Fondazione Betlemme è pian piano ritornato a battere». Usa questa metafora Francesca Bellotta, volontaria dell’Associazione Laici Pime, per raccontare la situazione della struttura di Mouda, nell’Estremo Nord del Camerun, dopo il lungo stato di «letargo» durato dallo scorso marzo fino a settembre a causa della pandemia di Coronavirus.
Il Centro Betlemme, cuore pulsante della Fondazione nata nel 1997 per opera di padre Danilo Fenaroli, offre accoglienza a orfani e bambini malnutriti nella Chrèche (asilo nido) e nei Sarè (unità abitative); assistenza sanitaria grazie all’infermeria, il centro di rieducazione e il centro di riabilitazione fisioterapica per persone con disabilità (adulti e bambini); educazione e formazione professionale grazie alla scuola materna bilingue Arc-en-ciel, la scuola primaria inclusiva per bambini sordomuti e normo udenti e il Centro di formazione artigianale e Costruzione protesi articolato in dieci laboratori. E, ancora, progetti di sviluppo sostenibile attraverso la fattoria e l’unità idraulica.
A parte qualche laboratorio che ha continuato a operare per un breve periodo, a marzo le attività si erano completamente fermate, sebbene non sia mai stata chiusa l’infermeria né sospesa l’accoglienza ai neonati orfani e a un piccolo gruppo di bambini e ragazzi che non avevano parenti che potessero ospitarli.
«Finite le ferie del periodo pasquale, siamo stati costretti a mettere la maggior parte del personale in una sorta di cassa integrazione che qui in Camerun è pagata dal datore di lavoro – racconta Francesca – e potete quindi immaginare le grosse difficoltà che la Fondazione ha affrontato e sta tutt’ora affrontando per far fronte a queste spese».
Durante il lockdown obbligatorio che ha subito anche il Camerun, la struttura si è trovata costretta a sostenere spese straordinarie, oltre ai normali costi di gestione e amministrazione delle varie aree, che hanno giorno per giorno aggravato la situazione finanziaria generale. Con le attività bloccate per diversi mesi, poi, non si è potuto usufruire delle entrate che, in tempi “normali”, garantiscono la sostenibilità di attività e progetti di questa grande famiglia.
Lo scorso settembre, finalmente, il Centro ha ricominciato piano piano a riprendere vita, di pari passo con il miglioramento – almeno apparente – della situazione di emergenza del Paese. «Sono rientrati i bambini e i ragazzi che vivono al Centro e i bambini sordomuti che frequentano la nostra scuola specializzata. Con essi il personale dedicato a queste attività è potuto tornare al lavoro; per tutti all’ingresso misurazione della temperatura e tampone rapido obbligatori».
E così, con un mese di ritardo rispetto a quanto avviene normalmente, il 5 ottobre la scuola è ricominciata in tutto il Camerun e con essa anche i corsi e i programmi del Centro Betlemme. «Dopo tanto silenzio e vuoto, la vita è tornata a scorrere per i viali sassosi della struttura. Suoni, colori, profumi… Il vocìo dei bambini, i pianti dei più piccoli, le urla, le litigate, le corse, i giochi, i ragazzi con le loro divise scolastiche colorate, gli scolari che ripetono ad alta voce la lezione del giorno, i bimbi radunati fuori dalla scuola che ci corrono incontro per salutarci, con le parole o con il linguaggio dei segni. E ancora il suono della campana, le partite a pallone, il gioco della corda, i rumori dei macchinari dei laboratori di falegnameria, del fabbro, gli scalpelli degli scultori. La veranda della riabilitazione piena di pazienti piccoli e grandi speranzosi di poter guarire o quantomeno migliorare le loro condizioni di salute. Tutto questo è il cuore della Fondazione che batte, batte forte».
Raccontando con entusiasmo questi segni di speranza, però, Francesca fa presente che – purtroppo – la situazione economica del Centro non è migliorata nel corso dei mesi, ma è addirittura peggiorata. «Lo stato finanziario della Fondazione è abbastanza grave al momento. Ai costi per la gestione ordinaria e quelli straordinari già citati, si sono aggiunti oneri altissimi per pagare il carburante del generatore. La Fondazione è infatti senza energia elettrica dallo scorso aprile, il che ci costringe a utilizzare appunto un generatore in orari prefissati della giornata. La corrente per noi è vita in quanto serve a far funzionare la pompa dell’acqua che permette di approvvigionare quotidianamente le cisterne che distribuiscono l’acqua alla Fondazione. Se una bolletta della luce (che copre tutte le aree della Fondazione h24) di solito costa circa 600.000 franchi al mese (914,69 euro), ora paghiamo 100.000 franchi (152,45 euro) di gasolio ogni tre giorni!».
Nonostante i nostri missionari in Camerun siano ben consapevoli della difficilissima situazione che anche l’Italia sta vivendo, vi lanciamo comunque un appello per chiedervi un piccolo aiuto che permetta alla Fondazione Betlemme di superare questo periodo difficile, affinché possa continuare a garantire aiuto e sostegno a bambini orfani, giovani con disabilità e tante persone in difficoltà.
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