Ancora Ouattara e la Costa d’Avorio si divide

Ancora Ouattara e la Costa d’Avorio si divide

Nel contestato voto del 31 ottobre il presidente uscente ha ottenuto il terzo mandato con un esito plebiscitario. Ma l’opposizione ha boicottato il voto perché senza garanzie. Don Luca Pezzotta, missionario fidei donum a Agnibilékrou: «La tensione cresce, speriamo non si torni al dramma del 2010»

 

La Costa d’Avorio resta divisa dall’esito delle ultime elezioni presidenziali, svoltesi lo scorso 31 ottobre. Ne è uscito vincitore – con circa il 94% delle preferenze – il presidente uscente, Alassane Ouattara. Ma l’opposizione, guidata da Henri Konan Bédié e Pascal Affi N’Guessan, l’ha fortemente contestato perché la Costituzione ivoriana prevede un massimo di due mandati consecutivi. Per Ouattara si tratterebbe del terzo, anche se la sua candidatura è stata comunque ammessa in virtù della riforma del 2016, con la quale – come sostiene il Consiglio costituzionale – si sarebbe azzerato il conteggio.

«Il Paese vive in un clima di tensione generale – racconta don Luca Pezzotta, sacerdote fidei donum della diocesi di Bergamo, dal 2018 in Costa d’Avorio -. Durante le elezioni ci sono state manifestazioni e proteste. Si parla di una trentina di vittime, ma non c’è alcuna certezza in merito. Nei scorsi giorni è stato arrestato il candidato dell’opposizione, Pascal Affi N’Guessan, ma c’è poca chiarezza nelle informazioni e non sappiamo molto».

Erano stati proprio lui ed Henri Konan Bédié (già presidente del Paese dal 1993 al 1999)  i maggiori avversari di Ouattara. Ne avevano contestato la vittoria, manifestando l’intenzione di voler istituire un governo di unità nazionale e chiedendo nuove elezioni. Dalle ultime il Consiglio aveva infatti escluso – tra gli altri – anche Guillaume Soro (ex alleato di Ouattara) e Laurent Gbagbo (presidente dal 2000 al 2010).

«L’opposizione ha optato per la linea del boicottaggio – prosegue don Luca, 36 anni (nella foto insieme ad alcuni ragazzi) -. L’affluenza alle urne non è parsa elevata. I dati ufficiali parlano del 54% degli elettori, ma potrebbero essere anche meno visto che in alcune regioni, perlopiù rurali, è stato impossibile votare a causa dei disordini. Assieme a due preti e a un laico bergamaschi, vivo ed opero a Agnibilékrou, nell’est del Paese: qui la situazione è stata relativamente tranquilla, ma ci è giunta notizia di proteste in parrocchie non lontane dalla nostra, dove sono stati distrutti i seggi».

Nel frattempo, anche la Chiesa ivoriana ha preso posizione. «Alla vigilia del voto, i vescovi avevano scritto una lettera. Si diceva – con un chiaro riferimento a Ouattara e alla Commissione elettorale, accusata di non essere indipendente – che è impossibile giocare una partita in cui un giocatore è anche l’arbitro. La Chiesa vorrebbe la riconciliazione, ma il Paese ha molte difficoltà. Sanità e istruzione sono carenti, la povertà è diffusa e le ricchezze sono in mano di pochi. Il Covid, al momento, non preoccupa, ma malattie come la malaria mietono ancora tante vittime».

E in un clima del genere che futuro si prospetta per la Costa d’Avorio? «Il nord del Paese è a maggioranza musulmana e sostiene Ouattara, mentre il sud, cattolico, si schiera con l’opposizione, non riconoscendo il risultato delle ultime elezioni – risponde don Luca, che tiene un suo blog di racconti missionari dall’Africa -. Si potrebbe anche arrivare ad una rivolta popolare o a un golpe. Mi auguro non si ripeta la stessa situazione del 2010, quando il Paese fu dilaniato da una sanguinosa guerra civile. Ma la tensione cresce. E la Costa d’Avorio è divisa».