Padre Silvano Zoccarato, missionario del Pime che ha vissuto dieci anni in Algeria, si interroga sull’attualità del messaggio del “fratello universale” che sarà proclamato santo quest’anno
In attesa della canonizzazione di Charles de Foucauld potremmo domandarci quale sarà il suo messaggio per la Chiesa e per il mondo.
Durante i dieci anni in Algeria, dal 2006 al 2016, ho cambiato stile di missione: dal dialogo su Gesù in Camerun, ho vissuto il dialogo del Gesù della vita. Mi hanno tanto aiutato le Piccole Sorelle di Gesù di Touggourt e i Piccoli Fratelli e Sorelle di Tamanrasset e il vescovo Rault Claude che ha scritto il libro Deserto mia cattedrale. Ora credo che Dio continui a parlare, a salvare e a unire l’umanità tramite persone fedeli alle loro religioni, che convivono e dialogano con gente di culture e religioni differenti. Vivendo con loro, restavo fortemente impressionato quando mi raccontavano come sentono Dio e come Dio si fa sentire da loro. Mi dicevano che l’uomo non può vivere senza Dio, che la preghiera è la cosa più bella della vita. Il venerdì camminavo in mezzo alla gente e – alla voce del muezzin che invita alla preghiera – il quartiere si fermava all’improvviso, tutti si mettevano in ginocchio. «Cosa faccio qui?», mi chiedevo allora, ed ero spinto ad approfondire il mio essere cristiano, a rendermi conto di ciò che ci unisce già, anche se resta velato, prudente, in attesa.
Fratello universale
Durante i dieci giorni vissuti nella casa di Charles de Foucauld a Beni Abbès non l’ho sentito come un santo, ma come l’uomo che si apriva alla khawa (fraternità). Oggi lo diciamo “fratello universale”. Forse la fraternità nasceva sul terreno della cattolicità, quella che San Tommaso d’Aquino vede nell’attitudine della Chiesa… a chiamare a sé l’intera creazione in tutti i suoi aspetti e affidarla alla pienezza. Infatti in quell’ambiente lo rivedevo accogliente degli schiavi e di tutti i suoi visitatori, orante e celebrante davanti al Sacro Cuore, e appassionato della natura. I disegni ancora lì nel suo quaderno lo mostrano contemplativo del deserto, sui monti. I proverbi tuareg, i racconti e le prime parole del dizionario tuareg risuonano e incantano. Il santo non mostrava la santità di Dio ma in lui vedevi e sentivi le passioni di Dio, per l’uomo e per la natura.
Aprire la porta
Lo Spirito Santo nella prossima canonizzazione di Charles de Foucault aiuterà la Chiesa e il mondo a cogliere il suo messaggio per continuare nel vero cammino, cammino aperto, verso ogni uomo. È il messaggio di Papa Giovanni quando aveva aperto al mondo il volto materno della Chiesa. Diceva: «Il suo compito è di avere le braccia aperte per ricevere tutto il mondo. È una casa per “gli altri” che vuole appartenere a tutti e particolarmente essere Chiesa dei poveri, senza distinzione di razza e di religione».
Charles fu ucciso quando non aveva ancora concluso il suo cammino di “fratello universale”, quello a cui ora ci invita.
In questo momento stiamo soffrendo, chiusi in casa per proteggerci dal virus. Dopo la pandemia, quando apriremo la porta di casa per rimetterci in cammino, sarà importante vivere bene quel momento. Aprirci a chi troveremo o restare soli, isolati? Vedremo persone provate e rinnovate dalla sofferenza e lo saremo anche noi per chi ci incontrerà, nuovi. Incontreremo anche persone mai viste prima nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei viaggi. Incontrare ancora, potrebbe essere non solo la ripresa ma l’inizio di una vita nuova. Forse il senso di liberazione dalla sofferenza, di sorpresa e di gioia di fronte alle bellezze di ogni genere ancora vive nel mondo. Ma se non si fa attenzione, si può cadere nella dispersione della babele attuale di pensiero, di valori. E forse dentro un senso di apatia e di smarrimento. Non solo le nostre persone stanno attraversando un periodo difficile, ma anche le nostre società, la Chiesa stessa. Che cosa potrebbe essere questa vita nuova, questo momento nuovo? Qualcuno lo dice momento straordinario, una primavera della storia. Se si pensa a novità, bisogna allora avere il coraggio di pensare a un tempo nuovo, a movimenti nuovi, a degli spazi nuovi, strada compresa, a delle persone nuove, a linguaggi, gusti, sentimenti nuovi. Lasciamoci andare a immaginare… forse riaccendere e sperare. Orizzonti nuovi… più ampi?
Vado dritto su un cammino di fede verso un punto fisso che potrebbe essere la base su cui costruire rapporti veri duraturi. Papa Benedetto nell’enciclica Caritas in Veritate (42) aveva avvertito del pericolo della globalizzazione, unificazione dei popoli male impostata. E aveva detto: «La verità della globalizzazione come processo e il suo criterio etico fondamentale sono dati dall’unità della famiglia umana e dal suo sviluppo nel bene». È questione di dare un senso nuovo, il vero senso dell’esistenza, quello cioè di sentirci membri dell’unica famiglia. Ci raggiunge il santo Charles de Foucault nella canonizzazione: Sono fratello Universale.
Lo dice anche Papa Francesco col documento e annuncio di vivere come Fratelli Tutti, cioè convivere con ogni prossimo. Questo è già vero biologicamente per il nostro essere umani. Ma lo sarà più vero anche con sorpresa, quando dentro il senso della vita e della verità, religiosamente, socialmente, sentiremo un bisogno di comunione che ci fa sentire uniti a tutti e a tutto ciò che c’è nell’universo. E vedremo che le diversità sociali, religiose, culturali, delle persone che incontreremo, non sono tali per tenere lontani, separati; non sono ostacoli, ma valori, ricchezze per tutti, quando arrivano… sentiti nel cuore. Da lontani e dubbiosi potremmo accoglierci e incominciare a conoscerci. Sarà un cammino nuovo, insieme? Ciò potrebbe essere visto come una convenienza e un’utilità per tutti, ma può anche metterci in una nuova mentalità, in situazione di vivere in modo nuovo e più profondo il nostro essere membri di un’unica famiglia. Deve essere esperienza animata dallo Spirito Santo che aiuta a risentirci figli del Dio Padre di misericordia. In questo sentirci figli di Dio Padre, ognuno risentirà viva forte la propria identità. Allora potremo gioire di sentirci vicini. Si rinnoverà il modo di considerare “l’altro”, di dialogare e condividere. È quello che ha vissuto il santo Giovanni Paolo II, quando si è messo a pregare ad Assisi accanto ai responsabili di alcune religioni mondiali e disse poi: In ogni preghiera autentica, prega lo Spirito Santo. Giovanni Paolo II ha aperto a lasciarci sorprendere dalla preghiera e dalla vita degli “altri”.
Anche Papa Francesco crede nell’importanza della preghiera che unifica. La sua preghiera innalzata nella Piana di Ur in Irak poco tempo fa, può essere colta come sintesi di un viaggio di pace e fraternità nella comune radice nel Dio della promessa: «Ti chiediamo, Dio di nostro padre Abramo e Dio nostro, di concederci una fede forte, operosa nel bene, una fede che apra i nostri cuori a Te e a tutti i nostri fratelli e sorelle; e una speranza insopprimibile, capace di scorgere ovunque la fedeltà delle tue promesse». Preghiera accompagnata dalla responsabilità comune con le altre confessioni, le altre religioni et tutti uomini e donne di buona volontà, per affrontare i grandi problemi del mondo.
Si tratta di superare la paura dell’incontro e di valorizzarlo, perché l’identità di ogni persona non è un terreno chiuso, recintato, e nemmeno una situazione di merito o di colpa, ma una realtà importante che offre l’opportunità della condivisione, di apertura più larga. Si tratta anche di vincere il proprio egoismo che vuol tenerci al centro di tutto e di tutti. Avremo gioia, leggerezza nel cammino, semplicità di relazioni. Quello dei discepoli di Gesù dopo la risurrezione, raccontato da San Luca nel libro degli Atti degli apostoli. Cammino della Parola… del Vangelo. Cammino di tutti “un cuor solo”, attenti ai bisogni di tutti, ma anche nella fatica di debolezze e di diversità… e ancora incompleto. Il Vangelo vuole arrivare ai confini del mondo e resta in cammino, affidato continuamente a nuovi discepoli, odierni compresi, con nel cuore sempre la presenza dello Spirito del Risorto. È in realtà quello che avviene anche nella relazione con Dio. Non si è mai arrivati a capirlo, a viverlo, ma si è sempre in cammino… con lui. Potessimo vivere quanto c’era nel cuore di Charles de Foucauld: Iesus Caritas, il senso vivo della presenza di Gesù Cristo amore che lo spingeva sempre oltre. Sentirlo anche vivo come quando aveva trovato Gesù, e voleva conoscerLo, viverLo, e farLo conoscere. Coinvolti nello stesso progetto di amore di Dio che vuole i suoi figli uniti. Lo Spirito ci farà vivere nuove relazioni in cui completare le proprie pretese di verità con la visione delle saggezze altrui e con un’attitudine amorosa per il prossimo che sola può pretendere di avvicinarci (pur senza mai raggiungerlo) al mistero.
Padre Silvano Zoccarato, missionario del Pime, ha vissuto dieci anni in Algeria ed è autore di “Charles de Foucauld. Il mio santo in cammino” (ed. Terra Santa, 2020)