Costa d’Avorio: in chiesa per sfuggire alla strage

Costa d’Avorio: in chiesa per sfuggire alla strage

La testimonianza del parroco della cattedrale di Grand Bassam, padre Armand Zanou: «Un centinaio di persone rifugiate qui durante l’assalto». Proprio in questa diocesi alla periferia di Abidjan i missionari del Pime per dieci anni avevano svolto il proprio ministero

 

«Il Sacro Cuore di Gesù ci ha protetto, noi e il centinaio di persone che si sono rifugiate presso la nostra parrocchia». Il parroco della chiesa cattedrale di Grand Bassam ha raccontato così all’agenzia Fides l’esperienza drammatica vissuta ieri durante l’assalto jihadista che ha colpito l’antica capitale della Costa d’Avorio. Parla di 18 morti l’ultimo bilancio della strage, la prima ad aver colpito il Paese. Intitolata al Sacro Cuore, la cattedrale risale al 1895 ed è la chiesa più antica della Costa d’Avorio. «Avevamo iniziato una processione al di fuori della nostra chiesa intorno a mezzogiorno – ha raccontato a Fides il parroco, padre Armand Zanou -. Verso le 13 abbiamo sentito i primi colpi di armi da fuoco e subito dopo abbiamo visto diverse persone scappare dalla parte della spiaggia e venire verso di noi. Abbiamo chiesto loro cosa stesse accedendo e ci hanno risposto che uomini armati stavano sparando sulla gente. Mentre il rumore della sparatoria si intensificava, aumentava il numero di chi cercava rifugio presso la Cattedrale. In seguito, dopo circa un’ora, sono arrivati i militari delle forze speciali che hanno portato con loro una cinquantina di ostaggi che erano stati liberati dai resort attaccati».

L’assalto di ieri è stato vissuto con particolare apprensione anche dal Pime, che in questo Paese dell’Africa è presente con i suoi missionari dal 1962. Dal 2005 e fino alla scorsa estate alcuni padri vivevano proprio nella diocesi di Grand Bassam, nella frontiera di Vridi Canal, un quartiere povero che sorge a pochi chilometri dai resort. La parrocchia – dedicata a Santa Bernadette – comprendeva la chiesa principale e quella del quartiere Vridi Tre (detto anche “Zimbabwe”): due agglomerati di periferia (costituiti principalmente di case e baracche in gran parte abusive) dove dockers, pescatori e tanti disoccupati formano il grosso della popolazione. Come è proprio del carisma del Pime, la parrocchia è stata poi affidata al clero locale, mentre i missionari si sono spostati in una zona più interna della Costa d’Avorio.

Restano ovviamente le domande sulla Costa d’Avorio come nuovo teatro di un’azione jihadista. Significativa a questo proposito la testimonianza di padre Valmir Manoel Dos Santos, missionario del Pime a Kani, nel nord-ovest del Paese, raccolta dal sito AsiaNews. «Sappiamo che ci sono “missionari” fondamentalisti islamici in Costa d’Avorio – raccontava qualche giorno fa -, anche se per ora la minaccia di Boko Haram non è presente. Siamo in allerta perché hanno già iniziato in Burkina Faso e in altri Stati vicini. Questi gruppi terroristi non possono venire in blocco, la società non li accetterebbe, perciò mandano qualcuno che si inserisce nella società e comincia a creare le condizioni».Ma proprio per questo – aggiungeva – diventa ancora più importante coltivare il dialogo tra cristiani e musulmani. «Abbiamo iniziato a cercare l’unità, nel rispetto, cercando di conoscere di più la religione dell’altro, per vivere insieme – continua il missionario -. L’approccio non è stato facile, ma abbiamo intensificato le visite all’imam locale, vincendo la diffidenza. In quanto cristiani non possiamo vivere accanto a qualcuno senza parlare con lui. È il messaggio evangelico che ci spinge verso di loro».

Grazie a questo tipo di rapporto l’atteggiamento generale a Kani è cambiato: «Gli imam – racconta padre Valmir – di solito non venivano alla missione, perché pensavano: ‘Chissà cosa fanno i padri lì’. Invece ora hanno cominciato a frequentarci e io continuo ad andare da loro. Mostriamo loro che siamo lì non per combatterli, ma per vivere la nostra fede e proporla a chi vuole. I fedeli musulmani, vedendo l’atteggiamento dei loro leader nei nostri confronti, hanno capito che la diffidenza è senza ragioni».