L’arcidiocesi di Accra ha promosso una “Marcia di preghiera per l’ambiente” per dire “basta” allo sfruttamento minerario illegale, che provoca gravissimi danni all’ambiente e alle persone. E se non si porrà rimedio alla contaminazione idrica, il Ghana dovrà importare acqua potabile
Venerdì 11 ottobre si è tenuta ad Accra, capitale del Ghana, una “Marcia di preghiera per l’ambiente”, promossa dall’arcidiocesi in collaborazione con la Conferenza dei superiori maggiori dei religiosi del Ghana La proposta si allinea con il programma scelto dalla Chiesa locale per l’Anno giubilare 2025 dal titolo “Cura del creato e protezione dell’ambiente”. Ma è anche una reazione al sempre più diffuso problema dell’estrazione dell’oro nelle miniere illegali che ha dirette conseguenze sull’ecosistema. Il fenomeno ha infatti provocato la contaminazione delle fonti idriche del Paese e il rilascio di polveri nocive nell’aria. Molti cittadini stanno cercando di suscitare la reazione del governo perché prenda misure adeguate.
L’iniziativa della Marcia rappresenta «l’impegno civile, comunitario e religioso nei confronti del Paese», si legge in un messaggio inviato dall’arcivescovo John Bonaventure Kwofie a tutti i sacerdoti, religiosi e laici, e si inserisce in un contesto di manifestazioni e proteste che si sono tenute nelle scorse settimane nel Paese per porre l’attenzione, in particolare, sul grave problema dell’inquinamento dell’acqua prodotto delle estrazioni illegali.
Chiamata localmente “galamsey”, questa forma di sfruttamento ancora molto diffusa ha provocato la contaminazione di circa il 65% delle risorse idriche del Ghana. Inoltre, effonde nell’ambiente moltissime sostanze chimiche e polveri derivate dal piombo e dal mercurio, altamente dannose per la salute della gente. Si registrano, infatti, molti casi di gravi malattie polmonari e di morte precoce delle persone che le hanno respirate. Per non parlare degli stessi minatori che sono rimasti vittime dei crolli delle miniere, perché spesso i siti illegali non sono sicuri né controllati.
Questo fenomeno ha costretto la Ghana Water Company Limited (Gwcl) a limitare la distribuzione di acqua nel Paese, perché la contaminazione ha complicato notevolmente le azioni di filtraggio dalle sostanze tossiche. Gli esperti sostengono che se il problema persiste, entro il 2030 il Ghana dovrà importare acqua potabile. Questo sta provocato ulteriori danni anche alle coltivazioni di cacao, in quello che è il secondo produttore al mondo dopo la Costa d’Avorio, già fortemente penalizzato, negli ultimi anni, dai cambiamenti climatici e da eventi estremi. A tutto ciò si aggiunge anche l’incremento della deforestazione.
Negli scorsi mesi questa situazione ha scatenato diverse proteste, a cui hanno partecipato molti attivisti ghanesi, i quali sostengono che le risoluzioni del governo per fermare l’estrazione illegale non sono state sufficienti. Nel 2017 il presidente Nana Akufo-Addo – tutt’ora in carica – aveva inasprito i controlli attraverso una task force denominata “Operazione Vanguard”, che tuttavia non aveva avuto grande successo. Martin Ayisi, presidente della Minerals Commission, ha dichiarato che gran parte dell’oro proveniente dalle galamsey viene venduto illegalmente, non fornendo alcun apporto all’economia nazionale. Anzi, pare in realtà che l’attività illegale continui ad andare a beneficio solo di alcune élite.
Le proteste che hanno avuto luogo nelle scorse settimane sono state largamente represse dalla polizia: durante una di queste sono avvenuti più di 40 arresti. La questione è entrata anche nel dibattito in vista delle prossime elezioni, che si terranno il 7 dicembre. Molti dei candidati prevedono di rendere legali le galamsey, attraverso un’agenzia governativa che dovrebbe occuparsi di individuare le zone più adatte e di affidare l’estrazione ai lavoratori locali.
L’iniziativa dell’11 ottobre, partendo dalla cattedrale dello Spirito Santo di Adabraka, nella regione Ashanti del Ghana, si è conclusa con la Messa alla grotta di Cristo Re di Cantonment, nel distretto di Accra. Non solo, ma come ha detto l’arcivescovo Kwofie, è stata anche presentata una petizione alla Presidenza presso la Jubilee House. La speranza, però, è che la marcia pacifica possa innanzitutto diffondere ancora più consapevolezza tra i cittadini e tra le persone al potere, perché si arrivi a una soluzione efficace che tenga conto del benessere dell’ecosistema e dei suoi abitanti.