Milioni di persone nel mondo rischiano di morire di fame a causa di siccità e carestie, aggravate dalle conseguenze della guerra in Ucraina. La situazione disperata del Corno d’Africa
Quest’anno, nella Giornata mondiale della sicurezza alimentare che si celebra il 7 giugno, c’è ben poco da celebrare. Dopo tante campagne e mobilitazioni per prevenire e gestire i rischi di origine alimentare, contribuendo alla sicurezza alimentare, alla salute umana e allo sviluppo sostenibile, oggi il mondo pare più diseguale e affamato che mai. Il tema del 2022, “Cibo più sicuro, salute migliore”, sembra quasi provocatorio, se si considera quanto sta avvenendo in molte parti del mondo dove milioni di persone sono letteralmente senza cibi. Cambiamenti climatici, eventi meteorologici estremi, crisi locali e internazionali (a cominciare dalla guerra in Ucraina) stanno creando situazioni drammatiche e devastanti. Inoltre, la diminuzione dell’offerta e l’aumento dei prezzi contribuiscono a peggiorare una situazione già molto precaria in diverse aree del pianeta e in particolare nel continente africano.
Una delle situazioni più critiche è quella che sta vivendo il Corno d’Africa colpito dalla peggiore siccità degli ultimi quarant’anni con conseguenze catastrofiche per le popolazioni che non riescono più ad avere cibo e acqua per sopravvivere. In Etiopia l’insufficienza alimentare è aumentata del 80% negli ultimi tre mesi; solo nella Somali Region, 2,6 milioni di persone non hanno sufficiente cibo per sfamarsi. Non solo. Secondo il governatore della regione, Mustafa Muhumed Omar, «si stima che un milione di capi di bestiame siano morti. Il bestiame in tutta la regione è in cattive condizioni di salute e si prevede che molti altri moriranno a causa dell’aumento delle malattie. Sono urgentemente necessarie campagne di vaccinazione e mangimi per salvare il nucleo riproduttivo».
Non va meglio nella vicina Somalia, dove, secondo le Nazioni Unite, 7,1 milioni di persone – ovvero quasi la metà della popolazione – stanno attualmente soffrendo la fame; per circa 213.000 ci c’è bisogno di un aiuto urgente. Save the Children, che lavora sul posto, parla di mezzo milione le persone che sono state costrette a lasciare le loro case, in cerca di cibo e acqua, negli ultimi quattro mesi. «Le madri vivono nel terrore di perdere anche i propri figli – sostiene l’organizzazione -; il numero di nuovi arrivi nei campi di Hargeisa dalle regioni colpite dalla siccità aumenta ogni giorno».
In Kenya, sono almeno 3 milioni e mezzo le persone toccate dalla carestia. Anche il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari, Martin Griffiths, in visita nel Paese a metà maggio, ha lanciato un accorato allarme, soprattutto per quanto riguarda le regioni del nord: «L’attenzione del mondo è altrove e lo sappiamo. Ma qui, specialmente nella regione Turkana, abbiamo assistito a quattro stagioni delle piogge completamente saltate e temiamo per la quinta. Il risultato è che le famiglie non hanno più niente. L’unico cibo a disposizione dei figli a volte è quello delle scuole, ma per mandare un bambino a scuola bisogna percorrere vari chilometri per trovare l’acqua che il bambino deve portare in classe». Anche i vescovi del Kenya si sono attivati con una colletta che ha lo scopo di raccogliere quasi 3 milioni di dollari «per prevenire la perdita di vite umane e di mezzi di sussistenza e per venire in aiuto alle famiglie toccate dalla carestia».
Purtroppo, secondo il Climate Prediction and Applications Center (Icpac) sono previste ulteriori anomale condizioni di siccità in gran parte di Somalia, Etiopia, Gibuti, Eritrea, nelle regioni meridionali del Sudan, nel Kenya nord-orientale, in Uganda sud-orientale e nella Tanzania orientale.
«La prolungata siccità – fa notare Save the Children – unita all’inadeguatezza dei finanziamenti umanitari, alle catene di approvvigionamento interrotte a livello globale e ai prezzi dei prodotti alimentari saliti alle stelle a causa del conflitto in Ucraina, destano profonda preoccupazione». «Chiediamo ai governi e alla comunità internazionale – ha dichiarato il direttore di Save the Children in Somalia, Mohamud Mohamed – di prendere la decisione giusta e di prevenire la sofferenza di milioni di persone e la possibile morte di migliaia di loro a causa della fame che deriva dalla crisi climatica. È necessario dare priorità a una risposta localizzata che miri a salvare vite e mezzi di sussistenza, sostenendo la produzione alimentare locale, proteggendo i più poveri e rendendo il cibo accessibile». La stessa organizzazione sta aiutando le comunità colpite in Somalia a fronteggiare gli effetti immediati della siccità, fornendo acqua d’emergenza, curando i bambini malnutriti, sostenendo i sistemi educativi, i minori sfollati e i più vulnerabili.