Gruppo Abele: 40 anni in Costa d’Avorio

Gruppo Abele: 40 anni in Costa d’Avorio

Nel 1983, don Luigi Ciotti con alcuni amici e volontari aveva avviato a Grand Bassam un progetto di accoglienza e reinserimento per giovani in conflitto con la legge. Che continua ancora oggi e che riguarda anche vittime di tratta e di grave sfruttamento

«Quarant’anni che non hanno alterato il sogno». È lo spirito con cui il Gruppo Abele festeggia in questi giorni un importante anniversario in Costa d’Avorio dove – quattro decenni fa appunto – don Luigi Ciotti con alcuni amici e volontari hanno avviato, in collaborazione con la diocesi di Grand Bassam e il Ministero ivoriano della Giustizia, un progetto di accoglienza e reinserimento per giovani in conflitto con la legge. Un’iniziativa che, nel tempo, ha coinvolto molti compagni di strada e che continua ancora oggi con lo stesso sogno di creare mondi più giusti, partendo dai luoghi in cui povertà e ingiustizie mordono di più.

Sono giorni di festa a Grand Bassam – una trentina di chilometri da Abidjan – dove la Communauté Abel continua a promuovere progetti di alfabetizzazione, lotta contro la tratta di esseri umani e formazione professionale e inserimento lavorativo. E dove è diventata un punto di riferimento prezioso per giovani in difficoltà di tutta la regione costiera del Sud-Comoé, che si ritrovano in particolare al Carrefour Jeunesse, che è un po’ oratorio, un po’ centro professionale e un po’ “rifugio”. Qui, dal 2018, è stato avviato anche il progetto “ChocoPlus” (nella foto), per valorizzare in maniera equa e sostenibile uno dei prodotti più tipici della Costa d’Avorio: il cacao. E da novembre 2019, è stata aperta anche una vera e propria cioccolateria. L’ultimo nato, invece, è il Centro culturale “Raffaele Masto”, inaugurato nel 2022 e intitolato al noto giornalista e scrittore scomparso prematuramente.

«È iniziato tutto quarant’anni fa, da una visita e da un’intuizione di don Luigi Ciotti, che si era reso conto della drammatica realtà dei minori incarcerati e aveva voluto offrire loro un’alternativa», racconta Leone De Vita, il responsabile del progetto, che vive qui dal 2009 con la moglie Francesca Piccinini, che si occupa di amministrazione e progettazione, e la figlia Marysol di 14 anni. La loro casa è all’interno di una grande fattoria, che rappresenta un altro importante tassello del progetto, dove si tengono corsi di formazione nel campo dell’agricoltura, dell’allevamento e della falegnameria con i ragazzi del carcere.

Nel 2020, è stato avviato anche un progetto di accoglienza e reinserimento di bambini e giovani vittime di tratta. «Molti ragazzi e ragazze, partono per la Tunisia dove non c’è bisogno di visto – spiega Leone -; da lì, i passeur li fanno transitare verso la Libia. Se sopravvivono all’inferno libico e alla traversata del Mediterraneo, arrivano in Europa. Ma quello che li aspetta, spesso, è un destino di grave sfruttamento». Gli ivoriani, uomini e donne, sono tra le prime nazionalità di coloro che sbarcano in Italia in questi ultimi anni, da quando cioè sono praticamente scomparsi nigeriani e nigeriane.

Ma anche nel Paese non mancano le forme di sfruttamento: principalmente domestico e sessuale per le ragazze, lavorativo per i ragazzi. Solo nelle coltivazioni di cacao, ad esempio, l’Unicef stima che siano coinvolti oltre un milione di minorenni trattati come veri e propri schiavi. E molti di loro sono anche vittime di tratta.

Per tutti loro, il Gruppo Abele continua a impegnarsi con lo stesso spirito di servizio e l’entusiasmo di quarant’anni fa. «Gli strascichi economici della pandemia, l’instabilità politica, la minaccia costante di organizzazioni criminali pronte a sfruttare le fragilità delle persone ci impongono di non arretrare di un passo. Ma continuare a inventarci strumenti nuovi per costruire libertà e dignità –  dicono -.  E le celebrazioni per i quarant’anni, al ritmo scatenato della musica locale, non saranno solo l’occasione per divertirsi insieme. Ma soprattutto per rilanciare un impegno ancora più che mai necessario».

40 ANNI IN NUMERI

5.000 giovani che hanno ricevuto una formazione professionale

10.000 persone alfabetizzate

6.000 persone che hanno ricevuto sostegno alimentare e sanitario

1.500 giovani accolti nel centro residenziale educativo

25.000 presenze in biblioteca e alla sala giochi

500 giovani la cui impresa è stata finanziata dalla Communauté