La scomparsa di Lina Ben Mhenni, la «Tunisian Girl» che col suo blog fece conoscere la rivoluzione dei gelsomini e che non ha mai smesso di lottare per i diritti delle donne in Tunisia
«Dobbiamo portare avanti la nostra rivoluzione, girare il Paese per spiegare alle persone che devono votare secondo i programmi dei candidati, non in cambio di denaro o perché qualcuno si propone come l’unica scelta giusta per i “buoni musulmani”. La religione e la politica devono restare separate. Anche i governi occidentali, che parlano di diritti umani ma oggi sostengono gli islamisti per interesse, dovrebbero ricordarselo».
Così mi diceva durante un’intervista di alcuni anni fa in un bar del Centro di Tunisi Lina Ben Mhenni, attivista e blogger tunisina, scomparsa l’altro giorno a causa della malattia, l’altra sua battaglia che da anni combatteva. Lina, la “Tunisian girl” diventata famosa per i racconti affidati al suo blog durante la Rivoluzione dei Gelsomini, era fragile eppure coraggiosissima e indomita. Non aveva mai rinunciato a denunciare la corruzione della politica, la mentalità patriarcale, la violenza della polizia. Anche quando questo aveva significato pagare con le botte e il carcere.
Lina era stata una delle voci che ci avevano aiutato a leggere la faticosa transizione della Tunisia a un anno dalla rivoluzione dei gelsomini in questo reportage che avevamo pubblicato su Mondo e Missione. «Se combatti per mantenere la laicità dello Stato, allora per loro non sei una musulmana – ci aveva detto, leggendo con chiarezza le contraddizioni che non solo in Tunisia hanno ingabbiato in questi anni la sete di libertà delle piazze arabe -. E quest’ambiguità è facile da coltivare qui in Tunisia, dove due dittatori come Bourguiba e Ben Ali hanno sostenuto il secolarismo: così, se qualcuno osa criticare il governo subito viene accusato di essere anti-islamico, un “residuo del vecchio regime corrotto”. In questo modo, proprio in nome della tutela della rivoluzione, cercano di creare un nuovo regime: siamo stati scippati della nostra rivoluzione!»
Ricordo il suo viso pallido per la malattia che già la debilitava, le sue parole affilate pronunciate senza alzare la voce: non ne aveva bisogno, il suo carisma brillava ugualmente, anche se era così giovane, una ragazzina con le unghie laccate di verde e insieme una donna forte di cui il potere aveva paura. Non sono riusciti a piegarla. E ora che il suo fisico sofferente ha ceduto, di questa donna che aveva solo 36 anni e che avrebbe potuto fare ancora grandi cose per il suo Paese, la Tunisia sentirà la mancanza. E la sentiremo anche tutti noi. Che la terra ti sia lieve, Lina.