Istruzione e ambiente. Sono queste le due “piste” su cui fratel Fabio Mussi sta investendo le sue energie nella nuova missione di Am Timan, in una vasta regione di savana del Ciad, abitata principalmente da popolazioni nomadi musulmane
Diciassette milioni di abitanti e sette milioni di cammelli. E solo poco più di due milioni di bambini che frequentano le scuole elementari. È una delle cose che colpiscono quando si arriva in questa regione di confine del Ciad, lontanissima dalla capitale N’Djamena e a ridosso delle frontiere di Sudan e Repubblica Centrafricana. Le distanze tra un villaggio e l’altro sono immense. Così come è impressionante il numero di cammelli. Altra caratteristica di questa vasta regione di savana è la massiccia diffusione dell’islam a cui aderisce oltre il 98,5% della popolazione.
È dal settembre 2021 che abbiamo iniziato la nostra presenza in Ciad, ad Am Timan, una località nella savana, dove sono arrivato con l’abbé Gilbert Hibina, sacerdote camerunese della diocesi di Yagoua e missionario nel vicariato apostolico di Mongo dove ci troviamo oggi. Si tratta di una regione poco popolata, con circa 70 mila abitanti. Qui l’islam è presente e radicato nella tradizione e nella cultura dei popoli arabi ciadiani. È un islam molto tradizionale e, almeno per il momento, non radicale e intollerante. Esiste una coabitazione sostanzialmente pacifica tra le diverse tradizioni, religioni ed etnie. Purtroppo sappiamo bene – per esempi molto recenti nel vicino Camerun – che questo equilibrio è fragile. D’altra parte, la stessa situazione politica è molto precaria dopo la «morte in battaglia» – secondo le fonti ufficiali – del presidente Idriss Deby nel 2021. Il Paese è governato da una giunta militare, che sta cercando una qualche forma di dialogo con i 52 gruppi armati che rappresentano l’opposizione.
Tutto qui è estremamente vasto: il vicariato apostolico di Mongo è grande circa due volte l’Italia e la parrocchia di Saint-Etienne, ad Am Timan, come le regioni settentrionali del nostro Paese. Una sola strada asfaltata attraversa il vicariato da ovest a est, mentre tutte le altre vie sono piste in terra battuta che beneficiano di ben poca manutenzione. Quindi gli spostamenti richiedono tempi lunghi e mettono a dura prova non solo le persone ma pure i mezzi di trasporto.
Ma l’altro elemento di stupore caratteristico di questa zona sono le immense mandrie di cammelli, che si affiancano alle altrettanto enormi mandrie di bovini e ovini. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), il Ciad – con i suoi quasi 7 milioni 300 mila cammelli – si classifica al primo posto tra i dieci Paesi al mondo maggiormente impegnati in questo tipo di allevamento. Sono regioni di “transumanza stagionale”, cioè di passaggio delle mandrie che in stagione secca (da ottobre a maggio) emigrano verso sud, dove hanno maggiori possibilità di pascolo. Durante la stagione delle piogge (da giugno a settembre), anche le immense zone del Sahel, a ridosso del Sahara, sono ricche di erba fresca e dunque le mandrie tornano verso nord. Questi animali rappresentano il “tesoro” delle popolazioni arabe, ancora in gran parte nomadi. Dal momento che le temperature sono piuttosto elevate (da aprile a giugno si superano normalmente i 40° all’ombra) e l’acqua è molto scarsa, l’allevamento di cammelli costituisce la risposta più adeguata alle rudi condizioni climatiche. Tra l’altro, mi spiegava il gesuita padre Serge Semur – che con i suoi 90 anni, di cui circa 60 vissuti in varie zone del Ciad, è il decano dei missionari in questo Paese – le mandrie di cammelli che si vedono sul territorio sono costituite quasi esclusivamente da femmine con i loro piccoli non ancora svezzati. Tutti, o quasi, i cammelli maschi e adulti formano le carovane che trasportano derrate alimentari e altri beni di consumo fino al Congo. Questo perché le piste sono sostanzialmente impraticabili per i grossi camion e il costo dei trasporti sul dorso di questi animali è ancora contenuto. Così, in certi periodi dell’anno, vi è un traffico non indifferente di cammelli che percorrono la regione in un senso o nell’altro.
Ma se tutto questo sembra inchiodare la regione a una sostanziale immobilità, in realtà i tempi stanno cambiando pure qui. Tutti gli adulti, ad esempio, hanno almeno un telefonino. E ormai la prospettiva dei bambini non può essere solo quella di guidare le greggi o di seguire al pascolo le mandrie di cammelli. Le statistiche (2020) dicono che gli alunni ciadiani in età scolare per le elementari sono circa 2 milioni 300 mila, su una popolazione di quasi 17 milioni di abitanti. Il tasso di analfabetismo è ancora altissimo: solo il 23% degli over 15 può definirsi alfabetizzato; ma di questa percentuale già molto bassa, il 31% sono maschi e solo il 14% femmine.
Anche se con qualche fatica, diverse famiglie capiscono che l’istruzione dei figli è importante e quindi cercano di mandarne a scuola almeno alcuni, mentre altri devono necessariamente condurre gli animali al pascolo. Per questo, tendono a investire sull’istruzione dei maschi, che daranno una continuità alla famiglia. Mentre per le bambine, che sono destinate ad andare in moglie al di fuori del clan familiare, ancora oggi non si ritiene che valga la pena di investire in istruzione. E così sono loro quelle che più spesso si occupano degli animali.
Da anni, i diversi missionari che si sono succeduti in questa zona hanno cercato di far cambiare la mentalità, promuovendo un’educazione aperta anche alle bambine. Il percorso è ancora lungo e tortuoso. Il cambiamento non sarà facile anche a causa dei matrimoni precoci e dei relativi costi economici, nonché per la scarsità e la lontananza delle scuole. La Chiesa cattolica, in particolare, ha sempre investito sull’educazione come base per uno sviluppo integrale dell’uomo e della donna, ma spesso deve fare i conti con tradizioni e costumi molto radicati.
Ad Am Timan, in particolare, esistono da diversi anni una scuola materna, una elementare e un inizio di scuola media e liceo di ispirazione cattolica intitolati a santa Giuseppina Bakhita. In tutto sono oltre 600 i bambini e le bambine che frequentano i nostri corsi. Purtroppo, sinora, si è dovuti ricorrere alla turnazione delle classi per mancanza di aule. Ai corsi elementari del mattino, infatti, seguono quelli delle medie e del liceo nel pomeriggio. È una situazione che non può dare dei buoni risultati scolastici e pedagogici.
Per questo, su richiesta dell’Associazione dei genitori degli alunni, abbiamo sottoposto un progetto alla Fondazione Pime Onlus di Milano per la costruzione di aule per le medie e per il liceo in un’area donata dal governo. Da gennaio siamo all’opera e abbiamo terminato le prime due aule scolastiche. Nel frattempo, abbiamo realizzato anche una perforazione per l’acqua potabile, quattro servizi igienici e la recinzione di cinquemila metri quadrati di terreno.
Se ne avremo la possibilità continueremo la costruzione di altre 15 aule, nelle tre scuole di Am Timan, Abudeya e Haraze nella nostra immensa missione. Questo permetterebbe di poter offrire a molti altri bambini l’opportunità di una formazione scolastica di base.
Inoltre, sempre con l’Associazione dei genitori di Am Timan, stiamo piantumando 150 alberi di neem che assicureranno un ambiente più sano ed ecologico. L’educazione scolastica e la salvaguardia del Creato sono due aspetti essenziali che vorremmo consolidare nella formazione dei giovani ciadiani. Con la partecipazione degli stessi alunni, infatti, vorremmo piantumare altri mille alberi nella parcella di terreno adiacente la scuola. Partendo da queste piccole azioni pensiamo di poter migliorare l’istruzione e di stimolare il rispetto della natura in questa zona remota di savana che però è anch’essa parte della nostra “casa comune”.
Per sostenere le iniziative di fratel Fabio Mussi, vedi il progetto K 774 della Fondazione Pime Onlus sul sito: centropime.org (sostegno missioni / progetti / africa).