È una religiosa sarda, dell’ordine delle Figlie di San Giuseppe di Genoni, che guida una maternità a Zongo nella Repubblica democratica del Congo, la religiosa ottantunenne citata oggi da Francesco come esempio dei missionari italiani che donano la vita
Si chiama suor Maria Concetta Esu ed è una religiosa sarda in Africa dal 1959, la suora ottantunenne citata questa mattina dal Papa durante l’udienza generale come esempio della dedizione dei missionari incontrati durante il viaggio in Africa.
«Sì era all’incontro con il Papa a Bangui. Le consorelle alla televisione l’hanno riconosciuta e hanno visto che Francesco si è fermato a scambiare qualche parola con lei». A confermarlo è da Oristano la Casa generaliza delle Figlie di San Giuseppe di Genoni, l’ordine religioso a cui appartiene suor Maria Concetta.
Suor Maria Concetta è un ostetrica e a 81 anni è ancora sulla breccia: dirige la maternità che le Figlie di san Giuseppe di Genoni hanno a Zongo, una città del Nord della Repubblica democratica del Congo poco lontana da Bangui. A separare la sua città dalla capitale della Repubblica Centrafricana c’è appena il fiume Ubangi che – come il Papa stesso ha raccontato – la religiosa ha attraversato in canoa, insieme a una bambina. Su un dettaglio solo Francesco è stato un po’ «impreciso»: i bambini fatti nascere in più di cinquant’anni da questa religiosa non sono 3.280 ma molti di più… In questa testimonianza raccolta su di lei a Zongo l’estate scorsa dall’Agenzia France Presse erano già più di 34.600 (una sintesi in italiano si può leggere qui).
«Lavorare come ostetrica mi dà molta gioia – racconta di sé – perché è Dio che dona la vita, ma non è Lui poi a far partorire…». L’articolo spiega bene anche la situazione di frontiera in cui in tutti questi anni suor Maria Concetta ha vissuto questo suo impegno missionario. Nel Paese ha vissuto gli anni della dittaura di Mobutu; poi – tra il 1996 e il 1997 – Zongo si è trovata in prima linea nella Prima guerra del Congo. Racconta di come i ribelli dell’AFDL siano entrati nel suo ospedale e le abbiano anche puntato le armi contro. «Ma uno di loro – racconta – mi ha protetta dicendo: lasciala stare, è quella che fa partorire le nostre donne». Scampata alla morte trovò rifugio proprio attraversando il fiume fino a Bangui. Ma qualche anno dopo si sarebbe trovata a sua volta ad accogliere a Zongo i profughi che scappano dalle violenze nella Repubblica Centrafricana.
Di piani di evacuazione in caso di crisi non vuole nemmeno sentir parlare: «Voglio rimanere qui. Non sarò mai un disertore. Ho dato la mia vita qui e qui lascerò anche le mie ossa».