Un Papa di nome Francesco oggi nella sua città per dare voce al grido di pace degli ultimi. E il pensiero non può andare a suor Emmanuelle, la religiosa scomparsa nel 2008 che con lo stile del Poverello nella capitale egiziana ha abbattuto tutti i muri abitando in mezzo ai poveri
«Vuol sapere della mia vita? Ho sempre desiderato vivere radicalmente il Vangelo e servire Cristo povero nei poveri. Ho sempre avuto come modello san Francesco di Assisi, che ha vissuto in povertà e letizia».
In questa intervista realizzata da Giuseppe Caffulli per Mondo e Missione nel 2005 si raccontava così suor Emmanuelle del Cairo, la religiosa francese che aveva scelto di vivere agli zabbalin i raccoglitori di immondizia della collina di Mukattam nell’immensa periferia del Cairo. Suor Emmanuelle è morta il 20 ottobre 2008, sulla soglia dei cent’anni. Ma il pensiero oggi – con un Papa di nome Francesco che ha messo i poveri al centro del suo ministero in arrivo nella cpitale egiziana – non può non andare anche a questa donna. Una treligiosa che proprio a partire dagli ultimi creò ponti di fraternità anche là dove sembrava impossibile.
«Quando sono arrivata non c’era niente di niente – raccontava sempre in quell’intervista suor Emmanuelle -. I bambini vivevano per strada, poverissimi. Mi sono detta che avrei cercato di cambiare la loro vita. Ho ottenuto dalle mie superiore il permesso di avere una piccola capanna e ho vissuto lì per cinque anni. Durante i primi tempi ho cercato di capire lo stile di vita di quella gente e i loro bisogni. A quell’epoca le ragazzine erano date in spose a 11-12 anni ad un uomo qualunque, basta che portasse una dote. Avevano figli più o meno ogni dieci mesi e all’incirca una dozzina di gravidanze nell’arco della vita, perdendo però più della metà dei loro figli. Era una situazione spaventosa. Allora ho cominciato a fare un piccolo asilo per musulmani e cristiani, che nella bidonville non si parlavano e non si incontravano. Io ho cercato di ristabilire l’armonia».
Oggi suor Emmanuelle non c’è più ma la sua eredità continua attraverso l’Asmae, l’associazione a lei intitolata che ne porta avanti i progetti. Sono otto gli interventi in corso, che vengono portati avanti dall’associazione insieme a partner locali.
«Eredità? Io? – diceva nel 2005 -. Non avrei mai pensato di fondare opere o strutture. Volevo vivere povera, cercando di testimoniare Cristo con la vita, amando tutti nello stesso modo e rispondendo ai bisogni delle persone che Dio metteva sulla mia strada. Ora che l’età mi fa vivere nella prospettiva dell’incontro con il mio sposo, e le forze fisiche si affievoliscono, non mi resta altro che cercare d’irradiare amore». Il tesoro più prezioso anche per l’Egitto di oggi.