Nigeria, una nuova forma di schiavitù / debito 2
La Chiesa chiede al governo di mettere in campo politiche economiche più eque al fine di «alleviare il fardello che incombe sui cittadini»
Non è ovviamente solo “colpa” del debito. Ma, certamente, la pesante situazione debitoria della Nigeria contribuisce a esasperare le vulnerabilità del Paese e a esacerbare il malcontento sociale. Che negli scorsi mesi è sfociato anche in una serie di violente proteste antigovernative.
È uno scenario che, in verità, riguarda molti Paesi dell’Africa, che si ritrovano oggi di nuovo intrappolati nei complessi e perversi meccanismi del debito estero. La Nigeria, tuttavia, è la prima economia e il primo produttore di petrolio del continente. Questo però non impedisce che circa il 40% dei suoi 230 milioni di abitanti (è anche il Paese più popoloso) viva in estrema povertà. Mentre una piccola élite politico-economica detiene vere e proprie fortune e contribuisce ad alimentare un diffuso e tentacolare sistema di corruzione. Le tensioni interne e lo scenario internazionale – in particolare la guerra Russia-Ucraina – non fanno che aggravare la situazione, con i prezzi del carburante e quelli dei beni di prima necessità che sono saliti alle stelle.
Queste realtà di ingiustizia e diseguaglianza che affliggono la Nigeria sono state stigmatizzate anche dalla Conferenza episcopale del Paese, che ha fatto un affondo specifico sul tema del debito, definendolo «una nuova forma di schiavitù per le generazioni presenti e future». Gli interessi da pagare «alle agenzie monetarie internazionali – scrivono i vescovi – e di conseguenza il reperimento di fondi per bilanciare il deficit del bilancio dello Stato hanno dato origine a riforme economiche che consistono principalmente nel ritiro dei sussidi per il carburante e nella fluttuazione del naira. Queste riforme hanno innescato un’inflazione galoppante che ha ridotto la maggior parte dei nigeriani a vivere una vita di crudele sofferenza e miseria, che ledono la dignità umana».
Lo scorso novembre, anche Fao e Unicef hanno lanciato un appello urgente per affrontare quella che definiscono una «monumentale crisi di fame», che potrebbe arrivare a riguardare 33 milioni di persone nel 2025. Tra queste 5,4 milioni di bambini a rischio di malnutrizione acuta entro il prossimo aprile, con un aumento del 25% rispetto allo scorso anno.
Secondo i vescovi, la questione del debito estero, che in Nigeria ha superato il 50% del Pil (e non è neppure tra i peggiori!), non può essere affrontata facendone pagare tutto il costo alla popolazione. «Pertanto – scrivono – esortiamo l’attuale amministrazione del presidente Bola Ahmed Tinubu a riconsiderare le sue politiche di riforma economica al fine di alleviare il fardello che incombe sui cittadini e promuovere uno sviluppo che tenga al centro l’interesse della persona».