Ha salvato la vita di migliaia di migranti soprattutto eritrei. E si batte per una migliore accoglienza in Europa. Padre Mussie Zerai martedì 24 gennaio ospite al Pime di Milano per la Giornata della Memoria 2017: «La comunità internazionale, l’Europa, l’Italia… tutti sanno bene quali sono le vere cause delle migrazioni. Ma per affrontarle devono pagare un prezzo»
È stato anche lui un minore migrante: dall’Eritrea, oppressa da una dittatura soffocante, è partito quando aveva appena sedici anni. «Volevo sperimentare cosa vuol dire vivere in libertà, senza paura e senza il rumore della guerra in sottofondo. Volevo vivere da uomo libero», racconta. E in quella libertà, in Italia, è cresciuta anche una vocazione al sacerdozio. È la storia di padre Mussie Zerai, il prete dei migranti eritrei. Il suo numero di cellulare è scritto sui muri delle prigioni libiche ed è diventato patrimonio comune grazie al passaparola. Un numero “salva-vita” per migliaia di migranti, eritrei, ma non solo. Dal 2003, padre Mussie Zerai risponde all’altro capo di un filo sottilissimo: quello della speranza o della disperazione. A lui fanno appello i naufraghi del mare e quelli sequestrati dai predoni, i malcapitati finiti nelle prigioni di Egitto, Sudan e Libia o quelli che subiscono violenze e abusi.
Martedì 24 gennaio a Milano sarà questo grande testimone delle sofferenze dell’umanità di oggi a portare la sua testimonianza durante la serata che – come accade da alcuni anni a questa parte – il Centro missionario Pime insieme alla Fondazione Gariwo promuove per mettere tra loro in comunicazione la Shoah con le prigioni e i genocidi di oggi. Insieme a padre Mussi Zerai e all’intellettuale ebreo Gabriele Nissim, alla serata interverrà anche Regina Catrambone, che insieme al marito Christopher ha dato vita al MOAS (Migrant Offshore Aid Station) un’iniziativa privata maltese che risponde alle richieste di soccorso in mare dei disperati che tentano di sbarcare sulle coste del Mediterraneo.
Della sua vita, dell’odissea dei migranti, ma anche della «prigione Eritrea», da cui duemila persone al mese continuano a fuggire, padre Mussie Zerai parla in un’intervista pubblicata sul numero di febbraio di Mondo e Missione. «La comunità internazionale, l’Europa, l’Italia… tutti sanno bene quali sono le vere cause delle migrazioni – spiega con estrema chiarezza -. Ma per affrontarle devono pagare un prezzo».
Leggi qui il testo integrale dell’intervista di Anna Pozzi a padre Mussie Zerai