Perché l’accordo con la Libia sui migranti è ipocrita
La cooperazione e la solidarietà europea di fronte al problema migratorio non si gioca tanto nell’emergenza del Mediterraneo ma mettendo in questione le proprie politiche sull’Africa
Il governo italiano di centro-sinistra prende un abbaglio e sbanda a destra sul tema dell’immigrazione. Non certo per il fatto di affrontare il problema e tentare una qualche soluzione, ma nel prendere la solita scorciatoia che poi è una strada fondo chiuso: dare soldi ai politici africani, dalla Libia in giù, per fermare l’immigrazione irregolare e consegnare alla morte migliaia di persone soprattutto minori e giovani. L’Unione europea appoggia, sostiene, condivide ed insiste che la rotta del Mediterraneo deve essere chiusa. Italia, Francia e Germania andranno alle urne nei prossimi mesi e i partiti di governo non possono offrire alle opposizioni l’immigrazione come arma di contestazione e sottrazione di consenso. Ad aggravare la situazione naturalmente è la stagnazione economica dell’Europa unita all’impreparazione e al mancato allenamento dei nostri paesi (contrariamente a Stati Uniti, Canada ed Australia) ad accogliere ed inserire rifugiati come prassi regolare per quanto tramite canali e procedure Onu. In realtà l’Europa non risolve nulla col tentativo di chiudere le rotte. È un’operazione ipocrita e di facciata. Il problema affonda le sue radici più a sud del Mediterraneo, più a sud anche della Libia e persino del Niger. Per togliere ai giovani africani la voglia o la necessità di partire va radicalmente modificato l’atteggiamento del mondo nei loro confronti e verso i loro governi. Il problema è di una complessità e drammaticità da far tremare i polsi considerando la crescita demografica, la precarietà, i conflitti, il saccheggio di risorse di cui l’Africa continua ad essere vittima, l’inquinamento ambientale e i mutamenti climatici, il tasso ancora basso di scolarizzazione e soprattutto di istruzione superiore in Africa. Si tratta naturalmente di un intervento di carattere epocale, che forse non verrà mai intrapreso, e che non può consistere nel rimpinguare i conti bancari dei corrotti politici africani, ma al contrario nel controllo da parte della comunità internazionale delle loro azioni, nella verifica dei loro bilanci, in controlli e sanzioni personali in caso di inadempienza nei confronti dei piani di istruzione, assistenza sanitaria e sviluppo da loro o da altri messi in cantiere. La cooperazione e la solidarietà europea di fronte al problema migratorio non si gioca tanto nell’emergenza del Mediterraneo o nell’equa distribuzione delle quote, nella revisione del trattato di Dublino o nel margine più ampio concesso all’Italia per lo sforamento di bilancio. L’Italia e la Grecia, come principali Paesi di arrivo, devono mettere in questione le politiche economiche degli altri Paesi europei, soprattutto la Francia, nel cuore dell’Africa (ma anche l’Italia stessa in Eritrea e non solo). Molta della povertà africana, che costringe i giovani a partire, ha cause locali e interne. Ma una buona parte è prodotta direttamente dall’Europa, ora anche dalla Cina e dalle grandi multinazionali delle colture intensive o dello sfruttamento minerario. Quale nuovo patto di cooperazione economica, politica e culturale con il continente africano per fermare in modo efficace il flusso migratorio?Articoli correlati
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