Rientrata in Italia dalla Guinea-Bissau per la professione perpetua, suor Anna Marini racconta l’origine della sua vocazione, nata da un’amicizia che ha saputo guardarle dentro
Da Inzago a Inzago, passando dalla Guinea-Bissau e, soprattutto, da un’amicizia. Lo racconta suor Anna Marini, 34 anni, originaria di questo popoloso paese della cintura metropolitana di Milano, dove è tornata ad agosto per emettere la professione perpetua, in mezzo alla sua comunità. Un passo importante, là dove tutto è cominciato, attorniata dalla famiglia e dalle consorelle delle Missionarie dell’Immacolata, dai missionari del Pime e da tanti amici. Tra questi, uno in particolare: padre Fabio Motta, attualmente vicario del Pime, nonché suo compaesano, ma anche colui che ha intuito dentro di lei quella fiammella che poi è cresciuta in un cammino di discernimento, sino a diventare una vera vocazione e una scelta di vita.
«Ricordo benissimo quando Fabio è venuto a casa nostra per dirci che sarebbe entrato nel seminario del Pime per divenire sacerdote missionario. Avevo 9 anni!». I loro percorsi si sarebbero spesso incrociati sia in Italia che in missione, dove suor Anna ha seguito in qualche modo le orme di padre Fabio. Ha infatti trascorso gli ultimi due anni in Guinea-Bissau, nel Paese che è stato anche terra di missione del suo compaesano.
«Sentivo già un desiderio missionario molto vivo dentro di me, ma è stato proprio lui a indirizzarmi verso un cammino di discernimento che mi ha portata a scegliere la vita religiosa», riflette oggi suor Anna, che in quegli anni stava studiando Scienze sociali per la cooperazione, lo sviluppo e la pace all’Università Cattolica di Milano. «Avevo fatto due esperienze sul campo, una in Kenya con le Giuseppine del Murialdo e una in Angola, nel 2008, dove sono stata cinque settimane da un prete diocesano che si occupava di ex bambini-soldato a Benguela. Due esperienze molto belle e interessanti, ma era come se mancasse qualcosa…».Al rientro, decide di approfondire anche il risvolto non strettamente professionale di questa sua “attrazione” per il mondo. Comincia un cammino di discernimento e si imbatte nella testimonianza di suor Marilena Boracchi, già maestra delle novizie in Italia e precedentemente missionaria in Guinea-Bissau. «Attraverso la sua esperienza mi sono riletta e ho provato un desiderio forte di missione. Confrontandomi anche con le amiche, sentivo che la vita matrimoniale non mi apparteneva. C’era qualcosa che mi spingeva oltre e altrove. Ho cominciato anche a pensare – cosa non facile per me! – che avrei dovuto lasciare i miei progetti in mano a Dio e affidarmi a lui».
Nel settembre del 2009 la giovane Anna si è laureata in Cattolica e subito dopo ha chiesto di entrare nelle Missionarie dell’Immacolata. Il 5 ottobre di quell’anno padre Fabio partiva per la Guinea-Bissau. Ed esattamente il 5 ottobre di 11 anni dopo, nel 2020, lei stessa prendeva il volo per quel piccolo Paese dell’Africa occidentale.
«Ho sempre pensato al continente africano, ma poi, entrando nelle Missionarie dell’Immacolata, ho cominciato a interessarmi moltissimo anche alla Cina. Mi sembrava che quel mondo e quella cultura così diversi e lontani mi avrebbero aiutata a “convertirmi”». Le sue consorelle, tuttavia, avevano intuito che proprio l’Africa poteva essere nelle sue corde, anche per le sfide sociali che suor Anna aveva sempre sentito sue, per quel desiderio di mettere in pratica la Dottrina sociale della Chiesa e lavorare per il bene comune. Tutti temi su cui, nei due anni trascorsi a Bissora, ha riflettuto e lavorato specialmente con i giovani e le donne, affiancata dalle consorelle della sua comunità – suor Eliane, brasiliana, suor Cinzia, italiana, e suor Vittoria, indiana – e da un sociologo locale. «Cerchiamo di guardare alla realtà socio-politica ed economica di questo piccolo Paese sempre molto travagliato per affrontare, specialmente con i giovani, le sfide che riguardano il loro futuro».
E poi la vicinanza a tante donne che, dice, «vivono condizioni difficilissime in una società molto maschilista, ma hanno una forza di sopportazione incredibile e una determinazione straordinaria, nonché la capacità di leggere una volontà di Dio in tutto, anche nelle tragedie».
«Non solo nelle donne, tuttavia – riflette suor Anna -, ma in tutta la popolazione c’è un forte senso del divino che noi abbiamo perso. Lì, invece, permea tutto, anche il legame con la natura. Per questo credo che l’annuncio oggi debba andare oltre, essere soprattutto quello della resurrezione: resurrezione anche nelle loro vite». È un cammino che suor Anna ha condiviso in molti modi e a livelli diversi con i giovani di Bissora e delle tabanke, i villaggi circostanti, dove, in alcuni casi, non c’è nessuno battezzato; ma anche con un gruppo di catecumeni che si preparano a ricevere il battesimo e con alcune coppie in cammino verso il matrimonio cristiano. «Molti di loro sono estremamente impegnati nella vita della comunità ancor prima di ricevere il battesimo – dice -; c’è grande senso di appartenenza e tanta gioia».
Infine, ha tenuto anche un corso di liturgia presso il catechistato, inaugurato lo scorso anno a Bissau e guidato da padre Marco Pifferi del Pime, con sei famiglie di altrettante etnie che vivono insieme con i loro 18 bambini. Anche questa una bella sfida che sin qui ha funzionato molto bene. «In Guinea-Bissau il tema dell’educazione è cruciale a tutti i livelli – ammette suor Anna -. Per questo anche noi suore ci stiamo investendo molto. A Bissora, abbiamo cinque scuole in auto-gestione in cui siamo riuscite a inserire alcuni bambini disabili, facendo una grande opera di sensibilizzazione. Stiamo puntando molto sulla formazione degli insegnanti anche per una scuola più inclusiva e che scardini, da un lato, i pregiudizi della tradizione e, dall’altro, i falsi miti del capitalismo. Una bella sfida pure per noi missionari che siamo chiamati a uscire anche dalle nostre categorie di Chiesa per essere più aperti e collaborativi con altre realtà». MM