Una giovane imprenditrice etiope conquista il mondo con scarpe realizzate con pneumatici di camion.
Quando hanno dato alla loro figlia il nome della città della Natività, i coniugi Alumu non avrebbero mai immaginato che lei stessa avrebbe dato vita a una delle aziende più innovative d’Africa. E infatti l’avevano orientata verso studi commerciali, che hanno portato la giovane Bethlemme Tilahun Alemu ha laurearsi nel 2004, a 24, anni in contabilità. Ma non sapendo bene cosa fare nel suo Paese, l’Etiopia – che non offre grandi opportunità di occupazione a tutti i suoi laureati – Bethlemme decide di trovare un’idea originale per avviare un suo business. Le viene in mente che i guerriglieri che avevano messo fine al regno di Mengistu Haile Mariam nel 1991 portavano ai piedi le cosiddette “Barabassos”, delle specie di sandali, le cui suole erano state ricavate dai pneumatici dei camion. Del resto, erano gli stessi che indossavano anche i soldati del Negus, i quali, a loro volta, avevano messo fine all’occupazione italiana in Etiopia nel 1941.
Di qui, l’idea di Bethlemme, quella cioè di fabbricare delle scarpe, riprendendo il modello dei mitici sandali delle ribellioni, ma con l’aggiunta di colori per renderli più “appetibili” a tutti. Crea dunque la sua piccola impresa, che chiama SoleRebels. Per ottenere un capitale di partenza, mette insieme tutti i risparmi dei suoi familiari, raccogliendo circa 10 mila dollari. Per gli spazi, sistema un’area della fattoria di sua nonna a Zenabword, nella periferia di Addis Abeba, e recluta alcuni tessitori di cotone e calzolai delle vicinanze. Così inizia la sua piccola attività.
L’entusiasmo del pubblico è immediato, innanzitutto in Etiopia. Nel 2010, dopo cinque anni dal lancio, SoleRebels produceva già 500 di paia di scarpe al giorno con un giro d’affari di circa 500 mila dollari all’ano. Poi, il successo internazionale. Bethlemme moltiplica i modelli e li adatta ai diversi pubblici: sandali, mocassini, scarpe da ginnastica… Soprattutto, usa Internet per fare la promozione e la vendita dei prodotti. In questo campo, è stata decisamente una delle pioniere dell’e-commerce in Africa.
Le filiere del commercio equo e solidale si interessano alla sua iniziativa, per diverse ragioni: utilizza prodotti riciclati come i pneumatici per le suole, il cotone viene filato interamente a mano, mentre la juta e le fibre di koba sono biologiche. I produttori presso i quali si rifornisce, infatti, utilizzano solo concimi organici per i loro campi.
Il successo di queste scarpe cento per cento “Made in Ethiopia” è mondiale. La giovane imprenditrice ottiene diversi incoraggiamenti e vince numerosi premi. Il direttore generale della Banca Mondiale è persino andato a visitare i laboratori di Zenabword, mentre Bethlemme è stata invitata al forum di Davos per un discorso davanti agli imprenditori di tutto il mondo. Una bella rivincita per una ragazza di famiglia modesta, nata in un Paese estremamente povero e tuttora ciclicamente funestato da gravissime carestie. Ma nonostante tutti questi onori, Bethlemme non si è montata la testa e ha continuato a espandere un po’ alla volta la sua attività, che oggi impiega 300 persone (di cui 160 permanenti).
Attualmente la sua impresa vende scarpe in oltre 60 Paesi del mondo e ha aperto negozi in Austria, Australia, Stati Uniti, Spagna, Singapore, Giappone, Svizzera, altri ancora. Senza dimenticare il centro di Addis Abeba. Ha inoltre lanciato una linea di abbigliamento con la stessa etichetta. Le sue entrate sono valutate a più di 10 milioni di euro. E la sua testa brulica di nuovi progetti. C’è da credere che ne sentiremo parlare ancora nei prossimi anni.