L’estrema povertà confinante con l’agio e la ricchezza. Spazi angusti dove si assiepano baracche e, al di là del recinto, ampi spazi verdi ad uso privato. Da Nairobi, a Cape Town a Citta del Messico, un innovativo progetto di fotografia e videomaking mostra dall’alto le disuguaglianze nei contesti urbani.
Kibera è il più vasto slum della città di Nairobi, la capitale del Kenya. Non si sa esattamente quanti siano gli abitanti, ma la stima è di oltre 500 mila persone. Camminando fra le baracche di lamiera, assiepate le une alle altre, fra strade con le fogne a cielo aperto, si arriva a costeggiare la ferrovia. L’ho fatto tempo fa insieme a padre Francesco Pierli, un missionario comboniano che vive a Nairobi da oltre quarant’anni. Arrivati alla ferrovia il suo sguardo è andato oltre i binari, dove, al di là di un muro di confine, si estendeva un vastissimo campo da golf. L’erba verde, perfettamente rasata, gli spazi ampi, e tre giocatori vestiti di bianco erano davvero un altro mondo rispetto a quello nel quale eravamo immersi.
Un progetto innovativo di fotografia area, Unequal Scene, dell’antropologo Johnny Miller, dà conto delle disuguaglianze in ambito urbano. Il lavoro di Miller è iniziato in Sudafrica: le fotografie realizzate con un drone si sono concentrate sulle linee di divisione fra i contesti riservati agli strati sociali agiati della popolazione e quelli dove sono assiepate le baracche dei più poveri. Linee di divisione che, nel caso del Sudafrica, hanno anche radici legate all’apartheid, la separazione fra bianchi e neri frutto di una precisa volontà politica.
«È sorprendente come osservare le cose da un altro punto di vista possa cambiare la prospettiva», ha spiegato Miller. «Guardando giù dall’altezza di diverse centinaia di metri, emergono scene di incredibile disuguaglianza. Lo spazio di alcune comunità è stato espressivamente progettato con in mente linee di separazione, attorno alle quali le comunità stesse si sono sviluppate in modo più o meno organico. Strade, fiumi, zone cuscinetto o terre disabitate e altre barriere sono state usate e modificate per tenere le persone separate. A 22 anni dalla fine dell’apartheid, molte di queste barriere esistono ancora. Spesso comunità estremamente benestanti e privilegiate vivono a pochi metri da agglomerati di baracche dove le persone vivono in squallide condizioni. Fornendo una nuova prospettiva un problema “vecchio”, spero di provocare un dialogo per affrontare il problema dell’ineguaglianza e della distribuzione della terra in un modo costruttivo e pacifico».
A partire dal Sudafrica, il progetto Unequal Scene si è ampliato includendo città di altri Paesi, da Nairobi a Città del Messico, prendendo in considerazione non solo grandi metropoli ma anche centri urbani minori. Una delle fotografie di Miller, scattata sopra la township di Cape Town (Sudafrica) Masiphumelele, è diventata la copertina di un rapporto delle Nazioni Unite sulla disuguaglianza.
Le immagini di Unequal Scene sono utili anche per sfatare gli stereotipi sull’Africa, percepito come un continente uniforme e impoverito.
Qui la pagina Facebook per seguire il progetto.
Il video di Unequal Scene