È la denuncia di padre Daniele Moschetti, comboniano, che interverrà mercoledì 4 ottobre alle 21, al Centro Pime di Milano. Per raccontare di un Paese in agonia, ma anche della possibilità di reagire dal basso
«L’unica cosa che non manca oggi in Sud Sudan sono le armi!». È la denuncia che padre Daniele Moschetti, missionario comboniano che ha vissuto a lungo a Juba, fa in una lunga intervista pubblicata sul numero di ottobre di “Mondo e Missione”.
Lo conferma anche Amnesty International, secondo la quale la compagnia statale Ukraina “Ukrinmash” ha firmato nel 2014 un contratto con gli Emirati Arabi per la fornitura di migliaia di mitragliatrici, mortai, lanciamissili, granate e munizioni da consegnare in Sud Sudan. Ma non sono gli unici a vendere armi a un Paese che sta conoscendo una delle crisi più catastrofiche al mondo con quasi metà della popolazione che muore di fame e un terzo dei suoi abitanti (4 milioni circa) costretti a lasciare le proprie case.
«La proposta di embargo delle armi al Sud Sudan – continua il missionario – è stata presentata molte volte al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma non ha mai potuto ottenere il sostegno a maggioranza da parte dei rappresentanti che avrebbero dovuto votarla. Ci sono gli interessi di alcune nazioni come Cina e Russia, ma anche di altri che non hanno mai posto il veto, influenzando i rappresentati di vari Paesi affinché questa proposta non passasse. Eppure, dovrebbe essere proprio questa la prima azione da sostenere in un conflitto etnico e militare che può diventare un vero e proprio genocidio. Ma qui entriamo in un discorso molto più complesso di interessi economici e geopolitici che non aiutano il Sud Sudan a uscire dalla crisi, ma lo affossano ancora di più».
Da quando è cominciato il conflitto civile nel dicembre del 2013 – tra le fazioni del presidente Salva Kiir, dinka, e quelle dell’ex vice presidente Riek Machar, nuer – ci sarebbero stati almeno 50 mila morti, migliaia di donne violentate, milioni di persone in fuga e una crisi umanitaria senza precedenti.
«Nonostante i nostri appelli rivolti a tutte le parti, fazioni e singoli individui per fermare la guerra – scrivono i vescovi del Sud Sudan in una recente Lettera pastorale – si continua a uccidere, rapinare, saccheggiare, fare sfollare la gente, attaccare le chiese e distruggere proprietà in tutto il Paese. La gente non ha un posto sicuro per riparasi dalle violenze. Anche quando sono venuti a cercare riparo nelle nostre chiese o nei campi profughi delle Nazioni Unite hanno continuato a subire abusi da parte delle forze di sicurezza. Molti sono stati costretti a fuggire nei Paesi limitrofi».
Non sono mancati episodi terrificanti, come quando «le persone sono state ammassate nelle case – denunciano i vescovi – e poi è stato dato loro fuoco. I corpi delle vittime sono stati gettati in serbatoi infetti. C’è una totale mancanza di rispetto per la vita umana».
Difficile intravvedere oggi delle vie d’uscita. « La comunità internazionale – fa notare padre Moschetti – ha speso più di 30 milioni di dollari per promuovere un dialogo in cui nessuno veramente credeva. Oggi si sono moltiplicati i gruppi ribelli, sarebbero stati reclutati almeno 17 mila bambini-soldato e moltissimi giovani presi a forza. La complessità del conflitto è ulteriormente aumentata. E la situazione economico-finanziaria del Paese è catastrofica; l’inflazione è all’850/900 per cento e le casse dello Stato sono vuote».
La Chiesa e i missionari sul posto, tuttavia, non rinunciano a realizzare iniziative dal basso, come il Good Shepherd Peace & Trauma Healing Centre, un centro per la guarigione dei traumi e per training di vario tipo. «Non è facile – ammette padre Moschetti che si è speso moltissimo per la sua realizzazione -. Ma, finché possiamo, cerchiamo di portare avanti le varie attività: dai ritiri spirituali per religiosi e laici alle sessioni per la guarigione dei traumi sino ai corsi dedicati ai temi della giustizia, della pace e della riconciliazione. Il Centro rappresenta una visione per il presente e per il futuro del Paese, che non si è ancora risollevato dalle ferite di quarant’anni di guerra con il Nord e ora deve fare i conti con quelle ancora più profonde di questo conflitto civile. La gente comune chiede innanzitutto un po’ di sicurezza. Ed è proprio questa gente, con la sua straordinaria capacità di resistere e di reagire a questa ennesima situazione di crisi, che ci insegna la speranza in un Dio che non abbandona mai. Nonostante tutto».
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Padre Moschetti al Pime di Milano, mercoledì 4 ottobre 2017
Padre Daniele Moschetti ha inaugrato il 4 ottobre 2017, il ciclo di conferenze dell’Ottobre missionario al Centro Pime di Milano. Un’occasione preziosa per parlare del Sud Sudan e della sua lunga esperienza missionaria. Ma anche per presentare il suo ultimo libro che è dedicato proprio a questo Paese: “Sud Sudan. Il lungo e sofferto cammino verso pace, giustizia e dignità” (ed. Dissensi). Il libro vede la preziosa presentazione di Papa Francesco e le prefazioni dei comboniani Tesfaye Tadesse (superiore generale), Alex Zanotelli, Giulio Albanese e del vescovo emerito di Makeni Giorgio Biguzzi, saveriano. Il ricavato va a sostenere progetti di solidarietà in Sud Sudan.