La squadra di basket fa sognare il Sud Sudan. Le Bright Stars debutteranno alle Olimpiadi di Parigi il 28 luglio contro il Porto Rico, per poi sfidare le ben più famose stelle statunitensi. Che nel primo test pre olimpico hanno vinto per un solo punto, 101 a 100. E così il Paese più povero al mondo spera ora nel miracolo
È il Paese più giovane dell’Africa, nato nel 2011 dalle ceneri di una lunghissima guerra civile contro il Nord. Ma il Sud Sudan è anche il Paese più povero al mondo. Mai avrebbe immaginato di poter debuttare in un’Olimpiade. E invece accadrà a Parigi, grazie all’incredibile cammino fatto dalla squadra di basket che ha messo insieme giocatori della diaspora per creare un team autenticamente sud sudanese, orgoglio di un popolo che ha ben poco attorno a cui unirsi e sperare.
È stato in particolare Luol Deng, giocatore anglo-sud sudanese, ex stella dell’NBA, a rilanciare nel 2019 la Federazione di basket del Sud Sudan di cui è il presidente. Sono in molti ad attribuire a lui gran parte del merito dei progressi fatti dalla sua nazionale, che prima ha conquistato il Campionato africano maschile di pallacanestro (FIBA AfroBasket 2021) e poi è approdata alla FIBA World Cup, dove ha ottenuto la qualificazione per le Olimpiadi. Fin dall’inizio, questo era l’obiettivo di Deng: «Sapevo che era possibile. Ma sapevo anche che avremmo dovuto lavorare duro per raggiungere questo obiettivo».
Un obiettivo incredibile per le Bright Stars che non hanno mai avuto la possibilità di allenarsi nel loro Paese, dove non esiste neppure un palazzetto dello sport. Sono dovuti partire da zero su ogni fronte, ma la fatica iniziale di Deng di radunare i singoli giocatori – alcuni dei quali militano nel campionato americano, altri in Canada, altri ancora in Australia, dove molti di loro sono rifugiati – sono infine state ripagate. I cestisti chiamati a formare la nazionale sud sudanese si sono mostrati fieri di poter giocare per il loro Paese di origine. Uno di loro, Wenyen Gabriel, che ha giocato per anni in America con LeBron James e Anthony Davis, dopo la partita contro gli USA di domenica 21 luglio ha dichiarato: «Molte persone nel mondo non sapevano nemmeno cosa fosse il Sud Sudan. Oggi abbiamo la possibilità di rappresentare il nostro Paese con orgoglio. Ci siamo battuti bene e abbiamo mostrato il nostro potenziale, ed è un momento importante per la nostra gente». La sfida delle “Bright Stars” contro i giganti USA si è conclusa con una sconfitta di misura, 101 a 100.
«Questa partita ci ha ulteriormente avvicinati – ha detto ancora Gabriel -. Siamo un Paese diviso dalla guerra, ne abbiamo viste tante. Ogni anno abbiamo assistito a spargimenti di sangue. Avere qualcosa che ci unisce, che va oltre l’appartenenza tribale, e che ci permette di guardarci l’un l’altro in modo diverso, è molto significativo. Il nostro è uno Stato giovane. Ma oggi eravamo tutti insieme, uniti». Ed è proprio vero, perché ogni giocatore ha contribuito enormemente ai passi fatti dalla squadra e ora sono pronti a fare ancora di più a Parigi.
Anche il capitano Kuany Kuany ha ribadito l’impegno di tutti a giocare per un Paese che in questi mesi sta vivendo una situazione particolarmente complessa e difficile. A causa della guerra nel vicino Sudan, infatti, si sono riversati in Sud Sudan circa 700 mila profughi che sono adnati ad aggravare una situazione umanitaria catastrofica.
In questo contesto così difficile l’impresa della squadra di basket non ha solo un valore sportivo, ma rappresenta un motivo di orgoglio e di speranza per una popolazione che spesso non ne ha. A riprova del fatto che quello che stanno giocando questi atleti è ben più di una partita di basket.