Vescovi e sacerdoti hanno annunciato la loro adesione alla marcia convocata per domani da attivisti e sindacati contro gli illeciti che ormai investono tutta la società, a partire dai vertici dello Stato.
Settecento miliardi di rand (cioè quasi 45 di euro) sono stati persi dall’economia sudafricana negli ultimi vent’anni per la corruzione e il conto continua a salire. La stima è dell’Institute of Internal auditors, specializzato in verifiche dei bilanci societari, e conferma la preoccupazione di organizzazioni specializzate come Transparency International, che da anni assegna al Paese una valutazione sotto la sufficienza nei suoi rapporti in materia.
A pesare sulla vita quotidiana dei cittadini non sono solo i grandi scandali, che hanno coinvolto anche i massimi livelli della politica (il presidente della repubblica Jacob Zuma è nel mirino dell’opinione pubblica per i 245 milioni di rand di fondi statali spesi nella ristrutturazione della sua residenza privata di Nkandla), ma un’abitudine all’illecito che ha investito quasi ogni settore. “Riguarda persino gli organismi della polizia che dovrebbero investigare sul fenomeno”, denuncia padre Matsepane Morare, sacerdote gesuita dell’ufficio della Chiesa cattolica presso il parlamento (Cplo).
A questo stato di cose, però, molti hanno detto basta, e lo grideranno in tutto il Paese il 30 settembre, con una manifestazione nazionale che avrà i suoi centri a Pretoria, davanti al palazzo presidenziale, e a Città del Capo, dove ha sede il parlamento. Ad aderirvi sono stati sindacati, realtà della società civile, personalità politiche (come l’ex ministro nel governo di Nelson Mandela, Jay Naidoo, e l’ex segretario generale del sindacato, Zwelinzima Vavi) e confessioni religiose, tra cui la Chiesa cattolica.
“La corruzione è contraria a tutti i valori della nostra democrazia, è ovunque, non solo nel governo, ed è contro questo disvalore che, come Chiesa, manifesteremo”, dice a Mondo e Missione anche padre S’milo Mngadi, portavoce della Conferenza episcopale. “La corruzione – continua – è un atteggiamento, un’abitudine: da questo punto di vista possiamo far sentire la nostra voce, come Chiesa, sottolineando le radici antropologiche di questo male che sta distruggendo la nostra democrazia”.
Non è la prima volta, del resto, che i vescovi manifestano il loro impegno su questo fronte: ad ottobre 2013 avevano dedicato al tema una lettera pastorale, definendo la corruzione “un furto ai danni dei poveri”. Far sentire la voce della Chiesa al riguardo, concorda Matsepane Morare, “è parte del nostro dovere di difendere i poveri, perché la corruzione colpisce loro per primi, e di denunciare ogni ingiustizia”.
Per impedire che la corruzione prevalga, continua il gesuita, ricordando anche i molti interventi di Papa Francesco sul tema, “bisogna costruire una società giusta ed equa: dove le disuguaglianze tra i ricchissimi e i più poveri sono forti, come in Sudafrica, spesso la corruzione si sviluppa”. Per questo, ribadisce anche padre Mngadi, “c’è bisogno che la marcia coinvolga tutti e dobbiamo cooperare con le altre realtà della società: la corruzione è il nostro avversario comune”.