Nel NIlo Blu e nel Sud Kordofan la metà della popolazione è sfollata a causa degli attacchi indiscriminati del governo. Durissima lettera delle organizzazioni non governative all’Onu.
Nelle regioni del Sud Kordofan e del Nilo blu «le forze del governo sudanese continuano ad attaccare i villaggi e a bombardare le aree civili in modo indiscriminato, e a impedire ai gruppi che portano aiuti umanitari di raggiungere queste aree. Almeno 1 milione e 700 mila persone sono state costrette a lasciare le loro case, oltre la metà della popolazione delle due regioni». È quanto riferiscono 36 organizzazioni non governativa in una lettera indirizzata alle Nazioni Unite sul Sudan in occasione del Consiglio per i diritti umani dell’Onu che si apre il prossimo 13 settembre.
Le ong, fra cui c’è anche Amnesty International, denunciano una situazione costante di violazione dei diritti mani nei confronti della popolazione civile in Darfur e nelle regioni del Nilo Blu e del Kordofan puntando il dito contro il governo sudanese. La lettera denuncia attacchi aerei indiscriminati contro i civili, l’uso di bombe cluster e «livelli di violenza sessuale allarmanti» ad opera delle forze governative e delle milizie alleati.
In Darfur, dove il conflitto dura da 13 anni, «le forze governative continuano ad attaccare i civili, specialmente a Jebel Mara», una situazione che ha causato 80 mila nuovi sfollati solo nei primi cinque mesi del 2016. Le ong denunciano attacchi contro i civili, distruzione di case e servizi, uccisioni e violenze sessuali compiute da forze paramilitari e forze governative. Nel 2015 un panel di esperti della situazione in Sudan ha caratterizzato queste azioni come parte di una “punizione collettiva” da parte del governo sudanese nei confronti delle comunità dalle quali ritiene che provengano i gruppi di opposizione. «Anche la missione di peacekeeping UNAMID, è stata incapace di accedere alle aree più colpite dal conflitto a causa delle restrizioni governative» sottolineano le ong.
Ma le violazioni dei diritti umani e civili riguardano anche il resto del Sudan, si legge nella lettera, dove il governo perseguita membri dei partiti dell’opposizione, difensori dei diritti umani, studenti e attivisti politici attraverso arresti, detenzioni illegali e altri abusi. Le autorità sudanesi, inoltre, reprimono in modo sistematico i diritti delle donne, introducendo normative di ordine pubblico che criminalizzano l’abbigliamento “indecente” come per esempio l’indossare i pantaloni. «Le autorità hanno usato queste leggi repressive per far tacere attiviste che difendono i diritti umani attraverso arresti, detenzioni illegali e varie forme di minaccia, inclusa la violenza sessuale» e la tortura.
La lettera chiede che durante in Consiglio per i diritti umani venga adottata una risoluzione che preveda un’inchiesta ufficiale sulla situazione dei diritti umani in Sudan che abbia la facoltà di identificare i responsabili dei crimini. In particolare all’Onu viene chiesto di condannare con forza le violazioni nelle regioni del Sud Kordofan, del Nilo Blu e del Darfur e a fare pressione sul governo sudanese affinché sia garantito l’accesso sia della missione UNAMID che delle organizzazioni umanitarie. All’Onu viene chiesto anche di condannare le continue limitazioni della libertà di stampa, l’uso della detenzioni arbitraria e della tortura.
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