Un popolo condannato alla miseria su un suolo pieno di ricchezze. Vi spieghiamo perché papa Francesco domani 23 novembre pregherà per la Repubblica Democratica del Congo.
«Di fronte a situazioni politiche così complesse c’è bisogno di guardare un po’ più in su». Così suor Teresina Caffi, missionaria saveriana, che da molti anni si batte per la pace nella Repubblica Democratica del Congo, sintetizza le speranze suscitate dalla preghiera che si terrà domani, nella Basilica di San Pietro, per due delle situazioni più drammatiche e complicate nel continente africano: il Sud Sudan e la Repubblica Democratica del Congo. A presiedere la preghiera, che si terrà alle 17.30, sarà papa Francesco.
Sia la Repubblica democratica del Congo che il Sud Sudan sono teatro di conflitti interni. Il primo è un Paese enorme, grande quanto l’Europa occidentale. È al centro del continente africano e di delicati equilibri regionali, così come di interessi internazionali per le sue immense ricchezze minerarie. In questo momento è in una fase cruciale per lo stallo politico legato alla mancata uscita di scena del presidente Joseph Kabila, il cui mandato è scaduto nel dicembre 2016. Ma anche per le violenze legate alla lotta per il controllo delle ricchezze minerarie. A causa di questi conflitti, dal 2015 il numero degli sfollati interni è più che raddoppiato e, a oggi, si attesta sulle 3.9 milioni di persone, 248 mila delle quali solo negli ultimi tre mesi. Lo scorso anno, circa 100.000 congolesi si sono rifugiati negli Stati confinanti.
«Lo stallo politico è un nodo fondamentale – afferma suor Teresina Caffi-. L’intera classe politica al potere è fuori mandato, non ha legittimità». Le elezioni si sarebbero dovute tenere nel novembre del 2016, ma sono state rimandate al 2018 e l’attuale presidente Joseph Kabila, che ha terminato i due mandati consentiti dalla Costituzione, non appare intenzionato a lasciare il potere. «Molte energie della classe politica sono concentrate sulla successione al potere – prosegue suor Teresina -, e nel frattempo la situazione sociale si è molto deteriorata, c’è una svalutazione enorme della moneta e le manifestazioni di dissenso sono state represse nel sangue. La società civile continua ad avere pazienza perché ha il ricordo recente di cos’è la guerra, e sa che pagherebbe le conseguenze di una soluzione violenta».
A preoccupare sono soprattutto i conflitti interni in vaste regioni dell’Est del paese, nel Kasai, nel Nord e Sud Kivu. Impossibile dimenticare che le guerre che nel periodo a cavallo tra gli anni ’90 e 2000 hanno provocato più di 4 milioni di morti, una fase che si è conclusa nel 2003. Ma «le guerre – ricorda suor Teresina – non finiscono con la firma dei trattati di pace. Qui la guerra ha lasciato moltissimi strascichi. C’è una grandissima diffusione di armi, con le quali ci si può procurare ricchezza e potere. A causa dell’impunità che vige nel Paese la violenza è un atteggiamento che rende, che fa sedere al tavolo delle trattative. Ci sono innumerevoli gruppi armati nell’Est, e anche ingerenze da parte di Paesi vicini. Le multinazionali che estraggono i minerali, volenti o nolenti, vengono a patti con questi gruppi, che in cambio assicurano l’ordine e il regolare trasporto delle materie prime. Il circolo vizioso minerali-armi-soldi è diventato sempre più stretto. E questi gruppi armati locali sono sempre più potenti, si alimentano maltrattando e angariando la popolazione».
L’annuncio della preghiera per la Repubblica Democratica del Congo «ha suscitato molta gioia, anche in tanti congolesi – dice suor Teresina -. Una gioia che nasce dalla consapevolezza che di fronte a sfide così grandi non bastano tavole rotonde o contatti diplomatici, serve un cambiamento dei cuori». «Come guarire un popolo? Come si riaccende l’umanità, se non sollevando lo sguardo verso l’Alto?», si chiede la religiosa. «Come guarire il mondo dalla mancanza di compassione, che è la forma attuale di ateismo?».
Insieme alla preghiera è stato annunciato un convegno, che si terrà il 18 gennaio presso l’Università Urbaniana, dal titolo “Costruiamo insieme la Pace in Sud Sudan e Congo”. Una preghiera per chiedere, un convegno per capire e agire.