In Kenya, un semplice ausilio realizzato con cartone riciclato migliora la vita di un bimbo di tre anni. Storia di un cortometraggio e di un progetto innovativo. Anche nella comunicazione
Sembra quasi impossibile fino a quando non viene fatto». Lo diceva Nelson Mandela, il padre del Sudafrica libero dall’apartheid, insegnando che, a volte, il cambiamento può iniziare anche da ciò che è debole e fragile. Persino da una sedia di cartone, come ha mostrato un’iniziativa di sensibilizzazione fra Italia e Kenya che si sta diffondendo grazie al passaparola e al web. Per capire perché si tratta di un progetto innovativo bisogna entrare in una casa fatta di terra con il tetto di lamiera, in una zona rurale del Kenya vicino alla città di Nyahururu, e incontrare Joffrey. È un bambino di quasi tre anni. Nato con idrocefalo e spina bifida, non si muove, non è in grado di sorreggere la testa e comunica i suoi desideri attirando l’attenzione con lamenti o sorrisi stentati. Trascorre le sue giornate sul divano, steso oppure seduto sull’angolo, dove la mamma lo accudisce avvolgendolo in una sorta di nido creato con le coperte. Qui lo hanno incontrato Marco Zuin, regista, e Luca Ramingi, fisioterapista e animatore della Fondazione Fontana di Trento.
Ne è nato un cortometraggio di 16 minuti poetico e leggero, “La sedia di cartone”, che non indugia sulla disabilità o sul pietismo ma mostra come un semplice ausilio, realizzato a partire dalle poche risorse disponibili, possa cambiare la prospettiva di una relazione, in particolare in una situazione di svantaggio motorio e psichico. «La Fondazione Fontana di Trento sostiene da molti anni in Kenya il centro Saint Martin, i cui operatori, tutti kenyani, affrontano le diverse problematiche sociali a partire innanzitutto dalle risorse della comunità, e cercando soluzioni locali – spiega Marco Zuin -. Durante un precedente reportage ho incontrato Timothy Kiragu, uno dei responsabili del programma per le persone disabili. Mi ha affascinato come dal niente, a partire da materiali poveri, riesca a costruire semplici attrezzi che aiutano i bambini con disabilità e le loro famiglie».
Timothy ha imparato a costruire ausili con materiali poveri durante un corso organizzato in Kenya da Cerebral Palsy Africa, un’organizzazione la cui missione è aiutare i bambini con paralisi cerebrale a vivere al massimo delle loro potenzialità. Si è dedicato con passione a questa attività: prende pezzi di cartone, li seleziona, li assembla utilizzando la semplice colla locale a base di farina e acqua e produce pannelli spessi due o tre centimetri. Con questi pannelli ha costruito una sedia per Joffrey.
Il cortometraggio mostra il cambiamento nella vita del bimbo. La sedia costruita su misura per lui lo aiuta non solo a mantenere la postura corretta evitando così l’insorgere di altre patologie, ma anche a partecipare alla vita sociale. La telecamera si sposta dall’interno della capanna, dove Joffrey prima passava le sue giornate, al cortile: seduto sulla sua sedia il piccolo può stare con la mamma mentre fa il bucato e munge la mucca, gli altri bambini, incuriositi anche dallo strano seggiolone dipinto a colori vivaci, si avvicinano, aiutano Joffrey a tenere in mano una bottiglietta con la quale giocare. Una piccola vittoria, ma di grande significato in un contesto dove un figlio con disabilità è spesso percepito come una disgrazia da nascondere.
Ogni anno sono più di 150 gli ausili che vengono costruiti al Saint Martin. A volte si tratta di semplici sbarre che aiutano i piccoli con difficoltà motorie a reggersi mentre imparano a camminare. Di questi ausili il 30 per cento viene realizzato impiegando il cartone riciclato. Il cortometraggio “La sedia di cartone” ha già vinto ben 21 premi in altrettanti festival cinematografici, in Italia e in altri Paesi europei. Ma è anche diventato parte di un progetto di comunicazione lontano dai cliché che riguardano l’Africa e il non profit.
«Abbiamo pensato di dare in mano alle persone un oggetto che potessero costruire, rendere proprio e rimettere in circolo, per condividere il messaggio contenuto nel video e renderlo virale – spiega Pierino Martinelli, direttore di Fondazione Fontana -. Volevamo andare al di là dei “like” su Facebook e generare un altro livello di partecipazione. Un’agenzia che si occupa di marketing ci ha dato una mano ed è stato realizzato un kit contenente il cd con il video e una sedia di cartone da realizzare e personalizzare». Chi effettua una donazione riceve il kit e può costruire la propria sedia di cartone, può dipingerla e decorarla a piacere ed eventualmente regalarla. L’idea ha avuto successo, tanto che tutti i cofanetti de “La sedia di cartone” sono andati esauriti nel giro di un mese e per il 2016 è in programma una nuova campagna. Grazie al contributo di aziende e sponsor che hanno coperto parte dei costi, è stato possibile destinare i fondi raccolti al laboratorio del Saint Martin, per far sì che Timothy possa continuare a realizzare e migliorare gli ausili per i bambini disabili, e a formare altre persone.