Venti di guerra nel Sahara Occidentale

L’attacco dell’esercito marocchino al confine con la Mauritania mette fine al cessate-il-fuoco siglato nel 1991 e ripropone uno scenario di crisi in una terra che non conosce pace sin dal 1975
Dopo quasi trent’anni anni dall’entrata in vigore del cessate-il-fuoco, si riaccende la guerra in Sahara Occidentale, mettendo a rischio la fragile tregua tra Marocco e Fronte Polisario introdotta dagli accordi di pace del 1991 sotto l’egida delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana. Il 13 novembre scorso, l’esercito marocchino ha lanciato un’operazione militare contro gruppi di civili saharawi disarmati nell’estremo sud-ovest del Sahara Occidentale a El Guerguerat, una zona cuscinetto che in base al piano di pace è sotto il controllo delle Nazioni Unite, in violazione dell’accordo militare del 1997 e del precedente cessate-il-fuoco. Dal 21 ottobre, il popolo saharawi bloccava per protesta il passaggio che da El Guerguerat permette di far transitare verso la Mauritania le preziose risorse del Sahara Occidentale, che il Marocco sfrutta illegalmente da decenni. Il Fronte Polisario ha risposto al fuoco e si sta mobilitando nella zona. «L’operazione – si legge in un comunicato della Repubblica Araba Sahrawi Democratica (RASD) – considerata una flagrante violazione dell’accordo di pace, costituisce un attacco diretto contro il popolo sahrawi e pone quest’ultimo e il suo movimento di liberazione nazionale, il Fronte Polisario, nella posizione di legittima difesa della sovranità e dell’integrità territoriale della RASD». Il presidente sahrawi, Brahim Ghali, nella lettera inviata al Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, sostiene che l’aggressione militare marocchina abbia seriamente compromesso la possibilità di raggiungere una soluzione pacifica e duratura del conflitto in Sahara Occidentale.
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