CAPO DI BUONA SPERANZA
Oltre che a livello locale, molti cantanti lirici africani si stanno imponendo nei teatri di tutto il mondo
Il 28 aprile del 1865, si tenne a Parigi la prima rappresentazione di “L’Africaine”, opera in cinque atti di Giacomo Meyerbeer. Si trattava della storia di una principessa di un Paese lontano (un luogo immaginario situato in Africa) che aveva dovuto confrontarsi col famoso navigatore portoghese Vasco da Gama. Nonostante il nome, tuttavia, “L’Africaine” non era un’opera africana. Sono dovuti passare molti decenni, per vedere una vera e propria opera lirica creata in Africa per artisti africani. Il merito va al britannico Francis Chandler, che, all’inizio degli anni Sessanta, ha scritto la musica e il libretto di “Ondiki, the Fisherman”, storia di un pescatore delle rive del lago Vittoria.
Ma è solo un decennio fa che cominciano a essere realizzate le prime opere scritte da autori africani e adattate al contesto locale. Il primo progetto, denominato “Opera Bintou Were”, è stato presentato il 17 febbraio 2007 a Bamako (Mali). La musica è stata scritta per violino bambara, kora, percussioni, flauto e balafon. Il libretto raccontava la vita di un ex bambino-soldato tentato dall’emigrazione illegale. Questa produzione, che ha avuto un certo successo tra il 2007 e il 2008, aveva una vocazione pan-africana: libretto di Koulsy Lamko (Ciad) e Wasis Diop (Senegal); musica di Zé Manel Fortes (Guinea-Bissau); regia di Jean-Pierre loro (Senegal); coreografia di Germaine Acogny (Senegal) e Flora Ernest (Togo); costumi di Oumou Sy (Senegal). L’altro progetto di un certo successo è stato “Likembé Opera”, prima opera in kiswahili, che ha debuttato nel 2007 a Lubumbashi (Repubblica Democratica del Congo).
Purtroppo, invece, il tentativo di mettere in scena nel 2012 “Madiba, the African Opera” sulla vita di Nelson Mandela non è andato in porto. Ma non è tanto nella creazione di opere che si esprime al meglio l’arte lirica africana, quanto piuttosto nel numero sempre più significativo di cantanti originari dell’Africa, che stanno ottenendo successo sui palcoscenici di tutto il mondo. A distinguersi in primo luogo è stata la scuola del Sudafrica, Paese che ha il vantaggio di possedere una cultura dell’opera. Gli anni del post apartheid hanno rivelato grandi talenti, come il soprano Pumeza Matshikiza, 37 anni, soprannominata la “Callas delle township”; Pretty Yendé, 31 anni, primo premio al concorso “Operalia Plácido Domingo” nel 2011; pure i tenori Sunnyboy Dladla, 32 anni, e Makudu Panyane Senaoana, 24 anni, si sono imposti sulla scena internazionale.
In Nigeria, dove non c’è né conservatorio né opera, sono emersi talenti come Omo Bello, vincitrice nel 2014 del concorso lirico “Paris International Opera Competition”; Francesca Chiedu Chiejina, che quest’anno è entrata a far parte della Royal Opera House di Londra; e Joseph Oparamanuike conosciuto anche come Mr Tenor, che rifiuta il titolo di “Pavarotti della Nigeria” per rivendicare il diritto a un’identità vocale propria. In Kenya, la cantante Rodha Ondeng ha creato la “Baraka Opera Productions”, che mira a diffondere l’arte lirica nel suo Paese. Si possono, inoltre, citare Agyelang Kofi Offeh, alias Nino del Ghana; Stella Mendonça, del Monzambico, Boyce Batlang del Botswana, il controtenore Serge Kakudji della Repubblica Democratica del Congo e Jacques-Greg Belobo ed Elisabeth Moussous del Camerun.
Attraverso l’interpretazione di tutti i repertori della lirica, questi cantanti mostrano che per le voci africane si aprono nuove prospettive, in un campo dove sono rimaste a lungo impercettibili.