Casa comune: l’ora della responsabilità

L’EDITORIALE:
«Nell’enciclica Laudato Sì papa Francesco ci mostra che abuso dell’ambiente e abuso dei poveri tendono a coincidere»

Nel profondo dell’Amazzonia o lungo i fiumi o sui monti del Borneo o della Papua Nuova Guinea si percepisce a volte ancora un pochino di quella condizione antica, peraltro non facile per i nostri antenati, di quasi completa simbiosi tra l’uomo, la natura, gli animali. La parola “lavoro” non esisteva perché di fatto la necessità e la possibilità di intervenire sull’ambiente erano minime. Gli esseri animali, uomo compreso, si cacciavano a vicenda mentre il mondo vegetale offriva – per quanto possibile – cibo, copertura fisica e riparo: piccole comunità ora quasi introvabili in natura e orizzonti sociali e culturali ormai ovunque scomparsi. La trasformazione viene da lontano: dalla necessità di sopravvivenza nelle condizioni più difficili di siccità o di freddo; dal desiderio di miglioramento, ma anche di controllo e di possesso; dalla positiva e vasta capacità dell’ingegno umano di dare nuova forma e significato alla realtà. La tecnologia permette oggi una manipolazione grandissima dell’ambiente.

Stiamo però attraversando una soglia oltre la quale, pur potendolo, dobbiamo chiederci se valga la pena di andare. Già la paura e l’incomprensione reciproca, ereditata dai giorni antichi nelle foreste e nelle valli, hanno prodotto l’arma atomica, che può cancellare milioni di anni di vita sulla Terra. E poi c’è l’immensa quantità di scorie e rifiuti di ogni tipo (difficilmente riciclabili per la loro stessa composizione e per i costi), che rischiano di sovrapporsi al suolo, all’acqua e all’aria di cui è originariamente composto il pianeta. Infine la vittima più esposta è l’uomo stesso e soprattutto l’uomo povero: cancro e altre malattie, riduzione delle aree agricole, innalzamento delle acque, squilibrio psichico sotto la pressione di trasformazioni repentine, povertà e migrazione. Alcuni si arricchiscono sull’abuso dell’ambiente. Altri vengono colpiti o addirittura uccisi.

Speriamo quindi che non sia “in ritardo” l’enciclica di Papa Francesco Laudato si’, sulla Casa comune e la necessità di custodirla. Lo sviluppo è necessario, ma ha preso una piega molto pericolosa. La trasformazione dell’ambiente infatti è opportuna per il miglioramento delle condizioni di vita e lo sviluppo sociale e culturale; e va bene costruire le città o avvalersi delle risorse del suolo. Ma senza scaricare i rifiuti tossici nei modi e nei luoghi dove uccidono la gente, gli animali e le piante. O estrarre l’oro a monte di un grande fiume che poi ne risulta compromesso. O espellere senza pietà gli antichi abitanti della foresta per far posto alla coltura intensiva di soia o di palma da olio. Abuso dell’ambiente ed abuso dei poveri tendono a coincidere. Soprattutto nei Paesi che si insiste a definire in via di sviluppo.

Il candidato presidenziale americano Jeb Bush, nel giorno dell’uscita dell’enciclica, ha commentato che non sarà il Papa a insegnargli teorie economiche. Ma Francesco ha una pretesa superiore a quella strettamente economica e non parla di aggiustamenti occasionali: si permette di indicare nella brama di potere e di dominio tecnologico le ragioni di un deterioramento così allarmante dell’ambiente. E di dire a tutti che abbiamo raggiunto il livello di guardia. Anzi, l’abbiamo superato e ci siamo già fatti del male. Occorre lasciare il posto alla sobrietà e alla responsabilità ecologica.

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