Il terribile sisma di aprile rischiava di assestare un colpo durissimo a un settore cruciale per l’economia nepalese: il turismo. Per evitarlo, in molti si sono mobilitati, a cominciare dai tour operator responsabili
Dopo mesi di calma surreale, le strade di Thamel stanno cominciando a riprendere vita. Il quartiere turistico di Kathmandu si era completamente svuotato dopo quel drammatico 25 aprile in cui un violentissimo sisma aveva sconvolto il Nepal, causando circa novemila vittime, ventimila feriti e incalcolabili distruzioni, tra cui danni a siti culturali e naturalistici dal valore inestimabile.
Per il Paese (sferzato poi da altre forti scosse di assestamento), il colpo è stato durissimo. Non solo perché stiamo parlando di una
delle nazioni più povere al mondo, ma anche a causa del fatto che, tra queste valli punteggiate da stupa buddhisti e templi indù così come nei remoti villaggi ai piedi dell’Everest, gli introiti legati all’arrivo dei turisti rappresentano una boccata d’ossigeno fondamentale per la precaria economia locale. E i visitatori stranieri, comprensibilmente, dopo che le immagini di distruzione erano
rimbalzate dal tetto del mondo ai quattro angoli del globo, hanno cancellato voli e prenotazioni. E il Nepal si è svuotato.
«Se prima del terremoto gli hotel e i ristoranti lavoravano con un tasso di presenze dell’80%, abbiamo assistito a un declino drastico, fino ad assestarci intorno al 30%», denunciava a fine maggio Baibob Poudel, direttore esecutivo della nota catena di hotel Barahi. Ecco perché, a fianco degli interventi di primo soccorso e ricostruzione promossi dalla solidarietà internazionale
– Caritas e missionari in testa – ben presto nel Paese ha preso forma una mobilitazione congiunta di ong, associazioni, rappresentanti di comunità o piccole realtà imprenditoriali locali, che si sono uniti nel nome di una parola d’ordine: «Facciamo ripartire il Nepal attraverso il turismo». A cominciare da quello solidale, che ha un impatto diretto positivo sulle famiglie colpite dal sisma.
A sintetizzare il concetto è Pierangelo Fabbri, referente per il Nepal di T-erre, associazione di turismo responsabile di Faenza
(Ra) che proprio nel Paese asiatico ha una delle sue mete più suggestive. Quando il terremoto squassò la regione, Fabbri era là:
dopo il grande spavento iniziale – per fortuna senza altre conseguenze -, la decisione di fermarsi in loco per dare una mano in vari progetti realizzati da ong locali. E, nel frattempo, monitorare la fattibilità di un rilancio delle visite. «Nonostante la distruzione recata
dal susseguirsi di scosse, tanti siti d’interesse non sono stati danneggiati», racconta. «Diversi itinerari di trekking sono ancora praticabili e Kathmandu ha mantenuto il suo fascino, anche se c’è una certa ricostruzione da fare. La foresta di Chitwan, poi, non ha risentito quasi per niente del terremoto, così come la cittadina di Pokhara… Quindi ben vengano i turisti: sicuramente visitare il
Paese è una maniera efficace per aiutare la ripresa».
Dal punto di vista pratico, T-erre si sta ancora organizzando: «Dovremmo avere nuovi percorsi entro qualche mese», spiega il presidente Giorgio Gatta. «Nel frattempo, stiamo promuovendo qui in Italia vari eventi per tenere alta l’attenzione sulla situazione in
Nepal e rilanciarne il patrimonio culturale. E così diamo anche visibilità ad alcune campagne di raccolta fondi».
Chi si è mosso in modo davvero tempestivo, anche in virtù della propria presenza fissa sul tetto del mondo, è Navyo Nepal Discover Asia. Già a luglio il tour operator italiano, con sede a Kathmandu, ha promosso un viaggio di solidarietà con tappe speciali, compatibili con il grado di ricostruzione delle infrastrutture e con un taglio improntato specificamente all’incontro: dalla valle intorno alla capitale fino alle pendici dell’Annapurna e dell’Himalaya, un’immersione nella cultura nepalese con visite a progetti
solidali di sostegno e ricostruzione e sistemazioni scelte per facilitare la conoscenza delle comunità locali. Da agosto, poi, si riparte
con i programmi in calendario, sebbene con itinerari adeguati e visite anche a luoghi e progetti sostenuti dall’Italia. «Prima di tutto, vivendo sul posto crediamo che viaggiare qui sia possibile e sicuro», spiegano dall’agenzia. «In secondo luogo, anche se potremmo permetterci di cancellare la programmazione, non vogliamo voltare le spalle a questi meravigliosi popoli e ne vogliamo
vedere presto nuovamente lo splendido sorriso che ci ha accompagnato negli anni che abbiamo vissuto insieme». Il turismo dunque come via primaria per l’incontro e la solidarietà. Non a caso, per tutti i viaggi in programma nel Paese colpito dal sisma Navyo Nepal (che ha comunque in atto una raccolta fondi ad hoc), dedicherà il 20% del ricavo a progetti di ricostruzione.
Nel frattempo, anche il governo nepalese, preoccupato dalla prospettiva di una stagione senza visitatori, si è attivato su vari fronti. Già a poche settimane dal sisma, il ministero del Turismo aveva stilato un “Piano d’azione” per promuovere le mete rimaste accessibili: oltre a Pokhara, l’Annapurna e il Chitwan National Park, anche Lumbini, il Mustang e il Dolpo. A metà giugno, poi, il
Dipartimento dell’archeologia ha disposto la riapertura – in anticipo di due mesi rispetto alle previsioni – di tutti i monumenti patrimonio dell’umanità Unesco nella Valle di Kathmandu che erano stati danneggiati più o meno gravemente e che erano stati chiusi al pubblico. Fra questi le tre più famose durbar square nepalesi di Hanuman Dhoka (a Kathmandu) e delle altre città reali: Patan (dove sorge la cattedrale dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, sede del vicariato apostolico del Nepal) e Bhaktapur, gli stupa buddhisti di Swoyambhu e Boudhanath e i templi indù di Pashupati e Changunarayan. Una decisione su cui, tuttavia, l’Unesco ha espresso «preoccupazione», sebbene le autorità locali affermino di aver messo in sicurezza i siti in questione.
Il rischio di mosse troppo precipitose, a discapito della sicurezza ma anche di una ripresa dignitosa della quotidianità nel Paese, esiste. Per questo le agenzie di turismo responsabile puntano su itinerari pensati in modo specifico per “incontrare” il Nepal, con le
sue incredibili ricchezze culturali, naturalistiche e umane ma anche con le sfide cruciali a cui la sua gente sta facendo fronte oggi, senza rimozioni indebite.
«Noi abbiamo scelto di confermare la proposta di tour che era in programma per ottobre, ma stiamo collaborando con i nostri partner locali che operano nel fair trade per visitare e sostenere alcuni dei loro progetti», racconta Renzo Garrone dell’agenzia Ram Viaggi Incontro di Avegno (Ge), “braccio” turistico dell’associazione impegnata appunto anche nel commercio equo e solidale (e che ha a sua volta attivato una raccolta fondi). «Sebbene sia stato colpito da questo tremendo terremoto, il Nepal non si è trasformato in luogo di sole catastrofi», spiega Garrone, che sul Paese asiatico ha scritto il libro Lavoro e diritti nel paese delle montagne (con Marta Di Cesare, edizioni Ram). «I nepalesi stanno rimettendosi in piedi. Noi, con loro, guardiamo avanti». Una linea simile a quella di Viaggi e Miraggi (con sede a Padova e a Milano), che riprenderà a proporre questa meta da settembre.
«Noi viaggiamo con referenti locali legati al commercio equo e solidale», chiarisce Enrico De Luca. «Questi partner, il cui primo settore di impegno è l’artigianato, ci hanno chiesto un po’ di tempo per vedere come si evolve la situazione e anche per evitare
che, in un momento così delicato, i turisti, nonostante la buona volontà, possano trasformarsi in un “intralcio” per il lavoro».
Per non incorrere in questo rischio, c’è anche chi si è organizzato per dare una mano, come l’associazione milanese Soste, che ai
suoi viaggiatori ha proposto un tour di due settimane di cui una dedicata al volontariato in una scuola di villaggio nei pressi di Pokhara. Dal trekking tra i panorami d’alta quota più suggestivi al mondo, ai tour culturali “responsabili”, fino al modello dei turisti-volontari: per chi subisce il richiamo del Paese del sorriso la scelta non manca. Facendo tesoro dell’esortazione di Ang Tshering
Sherpa, presidente dell’associazione nepalese degli alpinisti: «Chi vuole aiutarci davvero non si limiti a donare denaro, venga a visitare il Nepal».