Padre Piero Gheddo è uno dei missionari più conosciuti del Pime. Soprattutto per i suoi trentacinque anni passati alla guida della rivista “Mondo e Missione”. Ora un libro ne rivela qualche piccolo segreto…
Pubblichiamo alcuni stralci del libro “Inviato speciale ai confini della fede” (Emi 2016) di Piero Gheddo con Gerolamo Fazzini
Una tentazione, grave e frequente, della mia vita al Pime è di non obbedire ai superiori. Cito solo un esempio. È l’unica volta che mi hanno mandato via dal Pime. Non l’ho mai raccontato, ma è andata così. Quando sono entrato in prima teologia a Milano nell’anno 1949-1950, il suddiacono Augusto Colombo aveva inventato il giornalino mensile Operarii, dalla parola di Gesù: Operarii autem pauci («gli operai sono pochi», Mt. 9,37). Una ventina di paginette in bianco e nero, con interviste ai missionari, articoli sulla vocazione missionaria, cronaca del nostro seminario, lettere di seminaristi. Il giornalino era scritto a macchina, ciclostilato in circa 350 copie e inviato ai «circoli missionari» dei seminari diocesani d’Italia. Piaceva e suscitava corrispondenze, visite durante le vacanze, diverse vocazioni per il Pime e altri Istituti e nel 1955 diede origine ai missionari inviati dalla Pontificia Unione Missionaria nei seminari d’Italia, per infiammare i giovani dell’ideale missionario.
Nell’ottobre 1949 Augusto Colombo passa a me Operarii e con entusiasmo mi butto nella nuova impresa. I tempi per la stampa erano strettissimi (solo la ricreazione) e la carta necessaria tanta. Ce la forniva la tipografia del Pime, a 50 metri dal seminario, ma noi chierici non potevamo andarci senza il permesso del Rettore, padre Cesare Mariani, anziano missionario dell’India, buono e paterno ma severissimo. Dovevo quindi aspettare quando il vice-rettore era libero e andare con lui in tipografia, ma padre Luigi Confalonieri era sempre occupato. Fatto sta che padre Mariani mi scopre tre volte che andavo a prendere la carta e mi ammonisce. La terza volta mi convoca nella sua stanza e mi dice: «Hai disobbedito tre volte, sei dimesso dall’Istituto. Prepara la tua valigia, puoi tornare a casa tua». Io balbetto qualcosa, mi era crollata la volta sulla testa. Vado in dormitorio a preparare la mia valigia e poi, nella cappella del seminario, piango disperato. Prego Gesù, Maria e i miei santi genitori di salvarmi. I miei compagni, non vedendomi a scuola, mi trovano in lacrime; tre o quattro vanno ad informare padre Lino Bianchi, prefetto degli studi. Vengono a prendermi e vado a pranzo ma nessuno mi dice niente. Poi, nella stanza di padre Mariani, lui e Bianchi mi fanno una ramanzina coi fiocchi. Così sono rimasto nel Pime!
Quando mi chiesero di lasciare Mondo e Missione
Il 24 aprile 1993 era un sabato. Nella notte dovevo partire per il Brasile mandato dal Superiore generale padre Franco Cagnasso per aiutare nella nascita di Mundo e Missão (la versione in portoghese di Mondo e Missione). A mezzogiorno, da un confratello che viene da Roma, rice- vo questa lettera da padre Cagnasso: «Quando torni dal Brasile voglio vederti, devi venire a Roma per scrivere la storia del Pime. Non dire niente a nessuno». Ero a Milano da 40 anni nella stampa e vivevo un periodo di successi notevoli. Parlavo tutti i sabati sera (19.30-19.45) alla tivù di RaiUno, per spiegare il Vangelo, pubblicavo libri che avevano grande diffusione, ecc. Quel viaggio a San Paolo – dal quale è nata la rivista Mundo e Missão, che oggi è una delle migliori riviste cattoliche in Brasile – per me è stato un incubo. Pregavo, di notte ero agitato, dormivo poco.
Tornato a Milano, telefono subito a padre Franco: «Se mi dai un comando obbedisco, ma lasciami spiegarti perché, secondo me, sbagli». E ho scritto una delle mie lunghe lettere ragionate e documentate, proponendo soluzioni alternative. Padre Franco mi risponde: «Capisco le tue difficoltà, ma devi venire a Roma, dal primo maggio 1994». Così, a poco a poco, con l’aiuto di Dio e di suor Franca Nava, missionaria dell’Immacolata in Bangladesh, rimasta con me dal 1973 fino ad oggi come mia segretaria, mi sono adattato. Ad ottobre è venuto da Hong Kong il mio successore, padre Giancarlo Politi; nel maggio 1994 ho fatto la guida spirituale di un pellegrinaggio dei tronzanesi (Tronzano-Vc, paese natale di padre Piero – ndr)in Israele, dopo di che il trasloco a Roma.
Quando sono arrivato nella capitale, con un camion carico di buona parte della mia biblioteca e archivio, ho visto che, grazie anche al rettore della casa generalizia padre Claudio Battistutta, mi avevano preparato il miglior appartamento possibile: grande studio, camera da letto e bagno. Proprio quel che ci voleva per me, mi alzavo anche di notte per scrivere. Mi è tornato l’entusiasmo di fare qualcosa di bello per il caro Pime e per il Regno di Dio. L’anno dopo 1995, escono due libri sul Brasile, la storia del Pime dall’inizio nel 1946, nel Brasile meridionale e poi la biografia di padre Augusto Gianola; l’anno seguente altri due volumi e via dicendo. Dopo sei mesi che ero a Roma scrivo a padre Franco una lettera scusandomi di aver resistito e ringraziandolo di avermi chiamato a Roma. È stata per una vita nuova, cambiare dopo 40 anni fa bene.