Realizzato dal famoso artista camerunese Bartélémy Toguo, è un centro culturale che fa dialogare tradizione e contemporaneità, ma anche Nord e Sud del mondo
È famoso per le sue opere-installazioni dedicate ai migranti come Road to Exile (“Rotta verso l’esilio”), un’enorme barca stracolma di pacchi di stoffa che “galleggia” su un mare di bottiglie vuote; o come Le Pilier des migrants disparus (“La colonna dei migranti dispersi”), una specie di pilastro costruito con gli stessi fagotti di tessuto esposto sino a fine gennaio sotto la piramide del Louvre a Parigi. Ma Bartélémy Toguo, ecclettico artista camerunese, è meno conosciuto per quello che ha realizzato nel suo villaggio d’origine: la Bandjoun Station, un centro artistico che è, al contempo, museo – con collezione permanente ed esposizioni temporanee -, biblioteca, luogo di accoglienza per artisti locali e internazionali, e progetto ecologico, agricolo e sociale. Anche qui, come in molte sue opere, Toguo riesce a conciliare arte, bellezza e impegno sociale, mettendo in dialogo tradizione e contemporaneità, ma anche Nord e Sud del mondo. Non senza una dimensione politico-polemica: «È essenziale che noi africani elaboriamo le nostre soluzioni in tutti gli ambiti – sostiene Togou -. I nostri Paesi devono dotarsi di un gran numero di strutture vivaci e innovative, per stimolare la creazione e il desiderio di cultura». È quello che lui stesso ha fatto in prima persona con Bandjoun Station, «un’autentica avventura artistica», di cui è possibile gustare un “assaggio” all’esposizione “Habiter la terre” di Nantes in Francia, sino al 17 settembre.
A Bandjoun, invece, è presente anche un altro museo con straordinari oggetti della tradizione bamiléké, che tuttora vengono utilizzati per le grandi cerimonie. È stato promosso da un’ong italiana, il Centro orientamento educativo (Coe), che in Camerun ha lavorato moltissimo in campo artistico e culturale.