La Piccola Famiglia dell’Assunta è una comunità monastica in cui ogni membro adotta una persona con disabilità. Nata a Montetauro, in Romagna, oltre cinquant’anni fa, oggi è un punto di riferimento anche per i cattolici cinesi in Italia e ha aperto una missione in Albania
La Piccola Famiglia dell’Assunta è una comunità monastica fondata nel 1972 dal presbitero riminese don Lanfranco Bellavista. Don Lanfranco ha maturato la scelta monastica dopo alcuni anni a fianco di don Giuseppe Dossetti, che ora riposa nel cimitero di Casaglia a Monte Sole, nel comune di Marzabotto, dove nel 1944 le truppe nazifasciste massacrarono bambini, donne e anziani insieme ai loro parroci. Proprio a Monte Sole don Dossetti, dopo la partecipazione da protagonista alla Costituente, fondò la Piccola Famiglia dell’Annunziata, un gruppo di monaci – donne e uomini – dediti allo studio e alla preghiera.
Il suo giovane discepolo Lanfranco aveva invece in mente una realtà che accogliesse i piccoli del Vangelo. Fu così che diede vita a una comunità nella quale ogni monaco e monaca adotta a vita una persona disabile. Chiamò il gruppo che lo seguì Piccola Famiglia dell’Assunta, adottò la regola dossettiana e si stabilì a Montetauro, una minuscola parrocchia sulle colline di Coriano, tra Rimini e Riccione. A tutt’oggi sono numerosi i giovani, uomini e donne, che entrano nella Piccola Famiglia, che ha raggiunto una sessantina di monaci. A essi si aggiungono altrettante persone disabili, assegnate dai servizi sociali o dai tribunali. La comunità include anche una decina di famiglie che aderiscono alla regola, e numerosi volontari e sostenitori. Una realtà che ha un grande impatto sul territorio.
Qui c’è sempre posto per chi arriva all’ultimo minuto: i pasti comuni sono una festa che, quasi miracolosamente, dà da mangiare a più di un centinaio di persone.
Un giorno di agosto del 2000, la polizia visitò la comunità con un giovane cinese di 20 anni. Già in passato gli agenti avevano affidato ai monaci la cura di persone in difficoltà in cerca di un luogo sicuro. Il ragazzo era arrivato dalla Cina clandestinamente ed era caduto vittima di un sequestro da parte di connazionali criminali. Era riuscito a fuggire e a consegnarsi alla polizia, che lo portò nella comunità. Questa divenne per lui casa e luogo di conoscenza della fede cristiana. Dopo tre anni, il giovane, che aveva ormai imparato bene l’italiano, chiese il battesimo, che ricevette con il nome di Paolo. Il processo ai suoi sequestratori si concluse con la loro condanna, e per Paolo iniziò una nuova vita. Tornò per breve tempo in patria (nella provincia di Fujian) per prendere moglie e portarla in Italia. Anche lei fu battezzata, come lo furono poi i quattro figli. L’uomo ora vive con la sua famiglia non lontano dalla comunità, dove continua a lavorare come operatore socio-sanitario.
Paolo ha onorato il suo nome cristiano: come il primo discepolo di Matteo Ricci, Paolo Xu Guangqi, è stato missionario tra la sua gente. Parenti, amici e conoscenti lo hanno raggiunto in Romagna, alcuni di loro hanno aderito alla fede dando vita al primo nucleo cattolico cinese di Rimini. Oggi la comunità conta circa 80 fedeli, celebra la Messa in cinese a Montetauro e a Rimini e ha un forte spirito di evangelizzazione. È ben integrata nel territorio e si rapporta in modo positivo sia con i connazionali non cristiani, sia con i credenti di altre provenienze. Ogni anno qualche cinese adulto aderisce alla fede, vengono celebrati matrimoni e persino qualche funerale. Si svolgono ritiri in Avvento e Quaresima e un ritiro-vacanza per le famiglie in agosto. Con molta partecipazione si festeggiano il Capodanno e altre festività cinesi.
L’attività di evangelizzazione è significativa tanto che dal 2007 Rimini ha un cappellano cinese, che generalmente risiede a Montetauro con i monaci. Uno dei cappellani, don Giuseppe, ha lasciato un segno indelebile: ora è rettore del seminario minore della sua diocesi, ha facilitato periodi di studio della lingua cinese da parte di alcuni giovani monaci di Montetauro nella sua città di origine. Dal 2018 c’è don Savio, pieno di iniziative verso i fedeli del suo Paese.
La comunità ha accolto tre donne provenienti dalla Cina che sono in cammino di discernimento vocazionale. Hanno accettato la regola con una semplice cerimonia, chiamata “si-si”. Hanno storie diverse e non si conoscevano: chi è venuta direttamente dalla Cina per aderire alla comunità, chi invece l’ha conosciuta in Italia. La tappa successiva per loro sarà la professione perpetua, poiché la regola non prevede quella temporanea.
Grazie alla presenza cinese, la Piccola Famiglia ha attivato una specifica attenzione verso i numerosi connazionali sul territorio. Nel 2003 a Savignano sul Rubicone è nato il Centro Italia-Cina. Si tratta di iniziative rivolte a ragazzi di origine cinese: doposcuola, campeggi estivi e altri momenti di socializzazione e interculturalità. Oltre a fare i compiti, si impara l’italiano, si studia il cinese e si fanno attività ludiche e sportive. Numerosi volontari, mediatori culturali e docenti si affiancano ai monaci in questo progetto che porta beneficio non solo ai bambini ma anche alle loro famiglie. Oggi i Centri Italia-Cina, che operano quattro o cinque giorni alla settimana, sono tre: oltre a Savignano si è aggiunta una sede a Rimini e una a Ravenna. In 21 anni di storia sono stati migliaia i ragazzi coinvolti, nell’ultimo anno circa 120.
I cinesi sono di casa a Montetauro: qui hanno sempre un appoggio e un alloggio di emergenza. Sono aiutati a trovare lavoro, a regolarizzare i documenti, vengono indirizzati a medici e ospedali… Sono diversi i monaci, donne e uomini, che hanno imparato a comunicare in cinese. Alcune monache, per qualche tempo, hanno cercato un contatto con donne coinvolte nel mondo della prostituzione. C’è insomma un’attenzione umana ed evangelica alla realtà cinese sul territorio piuttosto unica molto apprezzata, che merita di essere conosciuta e replicata.
Numerosi fedeli, religiose e presbiteri cinesi che risiedono in Europa trovano qui una famiglia da visitare nel corso delle vacanze estive o in altri momenti liberi. I monaci di Montetauro mi hanno detto: «Chi si mette in contatto con la comunità cinese scopre tutta la ricchezza di questo mondo e nuove vie per camminare nel Vangelo».
Un’impresa che sa di Vangelo vissuto è anche la missione aperta dai monaci in Albania. La diocesi di Rimini dagli Anni 90 del secolo scorso ha sostenuto la missione nel vicariato dell’Albania del Sud con fidei donum insieme ad altri Istituti religiosi femminili e maschili e altre presenze. Mentre nell’Albania del Nord ci sono cinque diocesi con quasi mezzo milione di fedeli, nel vicariato apostolico meridionale (fondato nel 1938), che pure è territorialmente più esteso delle diocesi del Nord messe insieme, la Chiesa vive in uno stato di precarietà missionaria, con solo 3.000 fedeli, ovvero lo 0,2% della popolazione, e 14 presbiteri. La minuscola comunità è impegnata nell’evangelizzazione e nel dialogo con quelle ortodosse e islamiche.
Nel 2005 i monaci di Montetauro si sono affiancati alla diocesi, e oggi ne continuano la missione. Insieme alle persone disabili loro affidate risiedono a Berat, una suggestiva città storica, splendidamente restaurata e ora meta turistica internazionale. Lo scorso 25 aprile vi si è celebrata la prima ordinazione mai avvenuta nel vicariato dell’Albania meridionale: nella cittadina di Lushnje centinaia di fedeli, religiose, vescovi e presbiteri sono accorsi per l’ordinazione del monaco missionario don Paolo Marasco, 40 anni (vedi mondoemissione.it). Una festa di fede cattolica, di dialogo ecumenico – con la partecipazione dell’arciprete di Berat e di un altro sacerdote della Chiesa ortodossa autocefala albanese – e di amicizia con credenti e rappresentanti della comunità islamica.
Significativamente, gli ultimi due vescovi emeriti di Rimini hanno chiesto di ritirarsi a Montetauro, ospiti della comunità, colpiti dal sapore evangelico che vi si respira. Anche i missionari del Pime che l’hanno conosciuta, a motivo della presenza cinese, condividono questa impressione. Monache e monaci, in maggioranza giovani, che vivono con persone portatrici di disabilità e che sono stati capaci di interagire in modo virtuoso con la comunità cinese. Un luogo di speranza: una città inclusiva ed evangelica è davvero possibile.