Per raggiungere l’obbiettivo di zero emissioni di carbonio – e quindi compiere la rivoluzione green – si dovrà aumentare l’attività estrattiva di materie prime come litio, cobalto e neodimio, necessarie alla produzione di batterie e magneti per i motori elettrici. Ma l’attività nelle miniere comporta rischi per l’ambiente e anche sfruttamento del lavoro
I governi di tutto il mondo sono impegnati a fissare obiettivi per trasformare le loro economie in modo che non contribuiscano più ai gas di riscaldamento nell’atmosfera, o più correttamente abbiano un contributo netto pari a zero. Questo significherà eliminare gradualmente il motore a combustione interna e aumentare drasticamente le tecnologie di energia rinnovabile, come l’eolico e il solare.
Tuttavia, affrontare la sfida dell'”economia verde” oggi significa premere sull’acceleratore dell’attività mineraria. Lo sottolinea un approfondimento della BBC nel quale alcuni esperti sostengono che l’attuale offerta di vari metalli e minerali non riuscirebbe a sostenere un’economia globale che produca emissioni nette di carbonio zero. Anche se solo a breve termine, i tassi di estrazione dovrebbero essere aumentati, anche se gli scienziati assicurano che col tempo il riciclaggio su larga scala dovrebbe essere in grado di soddisfare la domanda di materie prime chiave come il litio.
Al momento, i metalli e i minerali sono spesso acquistati in Paesi che non sono i principali consumatori di queste materie prime. Due terzi della produzione totale mondiale annuale di grafite proviene da miniere in Cina. Una proporzione simile del cobalto mondiale viene dalla Repubblica Democratica del Congo.
Il professor Richard Herrington sostiene che i Paesi europei potrebbero voler estrarre le materie prime più vicino a casa e questo darebbe loro almeno una maggiore sicurezza di approvvigionamento e un controllo su quegli aspetti dell’industria estrattiva globale che troppo spesso ne hanno offuscato la reputazione (smaltimento dei rifiuti, sfruttamento dei lavoratori, ecc.). Infatti, le nuove iniziative minerarie sono spesso accolte con resistenza a causa degli impatti negativi che possono avere sull’ambiente e sulla salute. Anche attività come la costruzione di pannelli solari hanno sollevato gravi problemi perché sono state associate ad abusi del lavoro, come nel caso dei uiguri in Cina.
Ma Herrington e il suo team ritengono che un dibattito urgente vada avviato su dove e come verrà praticata questa inevitabile nuova attività estrattiva. “Non credo che il pubblico capisca ancora tutte le implicazioni della rivoluzione verde”, ha detto il responsabile del dipartimento di Scienze della Terra al Museo di Storia Naturale di Londra alla Bbc. “Probabilmente stiamo parlando solo di un picco a breve termine nell’estrazione, ma dobbiamo lavorare in fretta, perché sappiamo che se non abbassiamo i livelli di anidride carbonica ora, sarà un problema in futuro”.
Il Regno Unito, per esempio, vuole che tutte le nuove auto diventino elettriche dal 2030. Ma per passare dai 31,5 milioni di veicoli a benzina e diesel della Gran Bretagna a una flotta di batterie elettriche ci vorrebbero circa 207.900 tonnellate di cobalto, 264.600 tonnellate di carbonato di litio, 7.200 tonnellate di neodimio e disprosio, e 2.362.500 tonnellate di rame. Questo equivale al doppio della produzione mondiale annuale attuale di cobalto (usato negli elettrodi delle batterie), un intero anno di produzione mondiale di neodimio (per fare magneti per motori elettrici) e tre quarti della produzione mondiale di litio (elettrolita delle batterie). La sostituzione degli stimati 1,4 miliardi di veicoli con motore a combustione interna in tutto il mondo avrebbe bisogno di 40 volte queste quantità e questo prima di considerare le esigenze di metalli e minerali di tutte le turbine eoliche e i pannelli solari.
“Entro il 2035 avremo individuato una buona fonte di metallo riciclato, ma dovremo continuare a estrarne. Si spera che entro il 2050 avremo costruito un’economia circolare in modo che la maggior parte, se non tutto ciò di cui abbiamo bisogno, possa provenire da metalli che abbiamo già estratto e che sono già utilizzati in prodotti e tecnologie”, afferma Herrington, la cui analisi è stata pubblicata sulla rivista Nature Reviews Materials.
Quindi, come dovrebbe essere effettuato l’aumento dell’estrazione? E dove dovrebbe essere realizzato? Non sono domande facili, specialmente se si pensa al dibattito sull’estensione dell’estrazione ai fondali marini. Alcune compagnie automobilistiche affermano, infatti, di non voler accettare nessuna materia proveniente dall’oceano a causa dei danni che questo potrebbe causare all’ambiente marino.
“Forse il grande problema sono solo i tempi di realizzazione – ha osservato Andrew Bloodworth, del British Geological Survey . Ci vuole un decennio o più per trovare il materiale ed estrarlo effettivamente e un’altro aspetto davvero cruciale è che non si tratta solo di miniere, ma dell’intera catena di approvvigionamento. Quindi, anche una volta estratto il litio, si deve ancora passare attraverso tutta la raffinazione, i trattamenti chimici, per arrivare alle batterie come prodotto finito”.
Foto: Mining in Mongolia – Flickr.com