Amazzonia, deforestazione record con la pandemia

Amazzonia, deforestazione record con la pandemia

Nel mese di aprile nella Foresta Amazzonica registrato un incremento del 171% nel tasso di deforestazione: è il dato peggiore degli ultimi dieci anni. Approfittando dei controlli resi più blandi dalle misure antivirus sono stati rubati 529 chilometri quadrati di foresta, tre volte la superficie di Milano. la regione brasiliana del Parà l’area più colpita

 

Il Brasile è diventato il terzo Paese del mondo per numero di contagi dovuti al coronavirus. I dati dell’ultima settimana del gigante del Sud America sono spaventosi: il 19 maggio si sono contati 1.179 decessi (ufficiali), che hanno fatto salire a 17.971 il numero totale dei morti per coronavirus, con 271.628 contagi confermati. Superando la Gran Bretagna e posizionandosi, in questa triste classifica, alle spalle di Stati Uniti (1.504.244 casi) e Russia (290.678).

Il Brasile però è anche il Paese delle emergenze nella emergenza. Alla crisi sanitaria si è sommata quella economica e sociale. E c’è chi ne sta approfittando per mettere ancora le mani sulla Foresta Amazzonica: l’istituto Imazon (Instituto do Homen e Meio Ambiente da Amazônia) ha verificato che il tasso di deforestazione nel solo mese di aprile 2020, in piena pandemia, è stato il peggiore degli ultimi 10 anni. Sono stati “rubati” ben 529 chilometri quadrati di verde (tre volte la superficie della città di Milano), con un aumento del 171 per cento rispetto ai dati dello stesso mese dell’anno passato. Un terzo di questa quota è concentrata nello Stato del Parà. Seguono Mato Grosso, Rondônia, Amazonas, Roraima e Acre.

Si abbattono alberi e si appiccano incendi per aumentare le aree coltivabili, per espandere le piantagioni intensive (soprattutto di soia, il vero business dell’ultimo decennio in Brasile) e i pascoli. Le denunce da parte delle popolazioni locali non hanno sosta. E alla lista di chi sta approfittando della pandemia del Covid-19 per i propri interessi, si devono aggiungere anche i cosiddetti “garimpos”, cercatori d’oro e minatori che occupano terreni per sfruttarli dal punto di vista minerario, sottraendoli così ai “veri proprietari”.

Ne aveva parlato la settimana scorsa anche padre Sisto Magro, missionario del Pime e coordinatore della Comissão Pastoral da Terra (Cpt) della Diocesi di Macapá, nello stato dell’Amapá: «Gli invasori di terra se ne approfittano, perché chi deve controllare ora è più assente di prima. Gli impresari dell’agrobusiness si stanno dando molto da fare e il loro lavoro sporco è oscurato dall’emergenza del virus, per cui nessuno se ne accorge. Invece stanno avanzando, stanno disboscando. Continuano a sottrarre terra pubblica, continuano a occupare le proprietà dei piccoli agricoltori che non hanno mezzi e voce per ribellarsi».

Emergenze nell’emergenza. Crisi nella crisi. Mentre il presidente Bolsonaro continua la sua battaglia pro idrossiclorochina, il sistema sanitario nazionale è al collasso. L’epicentro della pandemia brasiliana è lo Stato di San Paolo e la sua capitale. Il Governatore Doria e il Prefetto Covas non escludono la possibilità di un lockdown totale nei prossimi giorni, perché la popolazione non sta seguendo le norme per l’isolamento e il virus si sta diffondendo troppo velocemente, con i posti in terapia intensiva che (secondo le proiezioni) saranno tutti occupati da qui a 10 giorni.

 

Foto Filckr / Sentinel Hub