Dall’ospedale diocesano di Parintins, suor Laura Cantoni racconta il dramma della lotta contro il Covid-19 con pochissimi mezzi e tanta dedizione, nell’Amazzonia sempre più colpita dal virus
«La grande preoccupazione di questi giorni è che il virus si diffonda in modo incontrollato nelle zone interne della foresta amazzonica, fra le comunità indigene, dove non ci sarebbero davvero i mezzi per contrastarlo». Suor Laura Cantoni fa parte delle Missionarie dell’Immacolata, le suore del Pime, ed è responsabile amministrativa dell’ospedale diocesano di Parintins, nello stato brasiliano dell’Amazonas. Da fine marzo è in prima linea nella lotta alla pandemia di Covid-19 in questa città di 70mila abitanti nel cuore delle foresta amazzonica brasiliana.
Con oltre 500 mila casi accertati, il Brasile è il secondo Paese al mondo più colpito dalla pandemia. Dopo la capitale San Paolo e Rio de Janeiro, Manaus, la capitale dello stato dell’Amazonas, è la città con più contagi. Con la differenza che in Amazzonia le strutture ospedaliere sono pochissime, mancano terapie intensive e medici specializzati.
A Parintins esistono solo due ospedali: quello governativo e quello fondato dal Pime e ora di proprietà della diocesi, l’ospedale “Padre Ferruccio Colombo”. «E pensare che quando sono tornata in Brasile, nel 2018, dopo un periodo di servizio in Italia, non sarei dovuta essere qui», dice suor Laura Cantoni. «Il mio sogno era tornare a lavorare nella foresta con le comunità indigene. Il vescovo, monsignor Giuliano Frigeni, mi ha chiesto invece di dare una mano a far quadrare i conti dell’ospedale, che rischiava il dissesto finanziario. In questi due anni siamo riusciti a riorganizzarlo e rimettere a posto l’amministrazione, poi è arrivato il Covid-19».
In questi giorni a Parintis l’epidemia, iniziata a fine marzo, è ancora in fase crescente. «Due terzi delle partorienti della nostra maternità sono positive al virus», dice suor Laura. «E del personale sanitario un terzo si è ammalato, 80 operatori su 250 fra medici, infermieri e amministrativi». Fin dall’inizio dell’epidemia c’è stata una stretta collaborazione fra l’ospedale diocesano e quello statale. «All’inizio abbiamo provato a tenere separati i casi Covid dagli altri pazienti», racconta suor Laura. «L’ospedale pubblico ha preso in carico i primi, e noi tutte le altre patologie e la maternità. Ben presto, però, il virus è entrato anche nei nostri reparti. L’aspetto positivo è che nelle ultime settimane con i test rapidi e sierologici e con i tamponi riusciamo a individuare i positivi e isolarli dagli altri. Un altro aspetto positivo è che le neomamme e i neonati non manifestano sintomi gravi».
«In questi giorni si è ammalato il primario dell’ospedale statale, così il nostro primario ha deciso di sostituirlo», continua suor Laura. «Noi siamo rimasti senza primario, ma siamo consapevoli che la sua è una scelta coraggiosa e indispensabile per affrontare l’emergenza a Parintins. Ci siamo riorganizzando con una responsabile della maternità e un altro responsabile clinico per tutte attività del nostro ospedale».
«Alla fine della giornata, sono così in mezzo alla tempesta per cercare di risolvere tutti i problemi che si sovrappongono, le situazioni che cambiano ogni giorno, che quando torno a casa sono morta di stanchezza», confida suor Laura.
«Ho poco tempo per pensare e la mia preghiera è diventata soprattutto far scorrere nella mente e nel cuore una determinata persona o situazione e metterla davanti a Dio. Però c’è un pensiero che mi tocca profondamente ed è che non appena sarà finito tutto questo non potremo riprendere da dove avevamo lasciato. Anche noi missionari. In questo periodo abbiamo sospeso tutte le attività pastorali ma questo non significa che non si possano trovare innumerevoli modi per stare vicino alla gente. C’è bisogno di confortare, aiutare dal punto di vista materiale ora che si stanno già vedendo i primi segni della crisi economica, ma anche da quello emotivo e spirituale. In ospedale quello che proviamo fare è mantenere l’unità e la speranza».
«Quello che sta accadendo ci scuote anche rispetto all’idea che abbiamo di Dio», afferma suor Laura. «Qui in Brasile ci sono diverse chiese evangeliche e ci sono due interpretazioni che vanno per la maggiore. C’è chi dice che il Covid l’ha mandato Dio per convertirci. Oppure chi dice che se preghi e sei con Dio non ti succederà nulla. Io non credo a nessuna di queste due versioni. Per me la fede è la risposta che noi diamo di fronte a questa situazione».
Per sostenere gli interventi dei missionari nelle periferie del mondo alle prese con il Covid-19 la Fondazione Pime Onlus ha aperto il «Fondo S140. Emergenza Coronavirus nel mondo». Per informazioni sugli interventi e modalità di donazione leggi qui