Amazzonia: salvi (per ora) i mashco piro

Amazzonia: salvi (per ora) i mashco piro

Sono uno degli ultimi popoli “incontattati” della foresta amazzonica peruviana, ma rischiavano di essere “sfrattati” da una compagnia del legno che si era spinta illegalmente nel loro territorio. Ritirata la concessione grazie all’intervento di Survival International e di diverse associazioni indigene. Ma non mancano le criticità

Grazie all’intervento di Survival International e delle più importanti associazioni indigene dell’Amazzonia, è stata revocata la certificazione inizialmente concessa dal Forest Stewardship Council (Fsc) alla compagnia di taglio del legno Canales Tahuamanu. Tramite quel documento, la compagnia si è spinta illegalmente nel territorio dove vive la tribù dei mashco piro, spingendo questo popolo indigeno ad allontanarsi.

Conosciuti anche come nomole o cujareño, i mashco piro occupano una parte della foresta amazzonica peruviana, precisamente nella riserva naturale Madre de Dios, a Sud-est del Paese. Tra le oltre cento tribù indigene rimaste “incontattate”, sarebbero la più numerosa: si stima infatti che sia composta di circa di 750 individui. I mashco piro comunicano solo con gli yine, un altro gruppo indigeno, che, a differenza dei primi, è contattato. Le loro lingue sono imparentate, e questo ha permesso agli stessi yine di diffondere il malcontento e le preoccupazioni dei mashco piro per l’avanzamento della deforestazione.

Canales Tahuamanu ha già infatti costruito 200 chilometri di strade all’interno della foresta. Sembra che la compagnia non avesse segnalato alcun avvistamento del popolo locale, tanto che il Fsc aveva concesso la certificazione internazionale con la quale si dichiarava l’eticità delle loro operazioni. Già a metà luglio Survival International aveva sollecitato il Fsc a revocare la concessione; alla fine del mese, poi, tre organizzazioni indigene amazzoniche molto importanti (FENAMAD, AIDESEP e COICA) si erano unite per rilasciare una dichiarazione con la quale accusavano ulteriormente il Fsc di essersi reso responsabile della violazione dei diritti del popolo indigeno, chiedendo, a loro volta, azioni concrete per salvaguardare i mashco piro.

Il Forest Stewardship Council ha inizialmente rifiutato la richiesta, informando che avrebbe semplicemente svolto ulteriori indagini. Solo il 30 agosto ha comunicato la sospensione della certificazione per 8 mesi, a partire dal 13 settembre 2024. «Dati l’estrema vulnerabilità dei mashco piro e il vitale bisogno di rispettare il loro diritto alla vita, la loro integrità fisica, l’identità culturale, l’autodeterminazione e il consenso libero, preventivo e informato, Fsc ha deciso di agire per assicurarsi che questi diritti non siano compromessi», ha dichiarato.

«È un passo importante, ma non definitivo», ha commentato il membro del Consiglio di AIDESEP Julio Cusurichi. La misura presa da Fsc, dunque, non può ancora dirsi decisiva, e la certificazione potrebbe essere reintrodotta. Fiona Watson, direttrice del dipartimento ricerca e advocacy di Survival International, ha dichiarato che non c’è alcun motivo per cui non debbano revocarla permanentemente, e ha aggiunto che secondo la legge peruviana e internazionale, è diritto dei mashco piro mantenere il possesso collettivo della loro terra. È dunque necessaria un’azione concreta, che possa proteggere e preservare la foresta che per la tribù significa casa.

Il mancato rispetto del territorio ha portato recentemente anche a scontri e violenze che hanno coinvolto i mashco piro e alcuni taglialegna. Lo scorso 29 agosto, in particolare, vicino al fiume Pariamanu, nella regione di Madre De Dios, un gruppo di taglialegna è stato attaccato da alcuni mashco piro: due di loro sono stati uccisi, uno è rimasto ferito, mentre altri due sarebbero scomparsi. Anche all’inizio di agosto la tribù aveva reagito similmente alla presenza dei lavoratori.

Non si sa precisamente cosa sia accaduto tra i mashco piro e i taglialegna aggrediti, ma FENAMAD e Survival International hanno denunciato il governo e le autorità per il mancato intervento, nonostante le numerose richieste di assistenza, e per il mancato riconoscimento formale del territorio indigeno. Secondo Caroline Pearce, direttrice di Survival International, questa ultima tragedia sarebbe stata «totalmente evitabile». Ancora una volta, le organizzazioni coinvolte chiedono l’espulsione dei taglialegna esterni dai territori della tribù, al fine di prevenire ulteriori violenze.