Con la crisi già 5 milioni di brasiliani sono “tornati poveri” nel 2015 e ancora di più potrebbero imitarli nel 2016 se, come pare, la disoccupazione quest’anno arriverà sino al 14%. Con i conti disastrati di oggi, il timore è che il governo Rousseff tagli i sussidi attualmente destinati a 58 milioni di persone
Il Brasile che doveva spiccare il volo con i Mondiali di calcio del 2014 e le Olimpiadi di quest’anno oggi è in crisi profonda. Le stime, dopo il crollo del 2015 (-4% il PIL), dicono che quest’anno non andrà meglio e, dunque, quel miracolo di “terza via” per l’inclusione dei poveri, che gran parte della stampa aveva annunciato solo qualche anno fa, oggi sembra davvero lontano. Forse i grandi eventi sportivi portano male – lo dimostrerebbero Grecia e Cina che ospitarono le Olimpiadi rispettivamente nel 2004 e nel 2008 ed oggi vanno male come non accadeva da decenni – ma, più realisticamente, a fare danni è il male endemico di sempre del paese del samba, ovvero la corruzione.
Purtroppo oltre il 50% delle opere pubbliche promesse alla vigilia dei Mondiali non sono state terminate neanche oggi e a preoccupare di più le persone, soprattutto quelle povere (le prime a perdere il lavoro nei momenti di recessione) è il futuro. A cominciare da questo 2016, definito da The Economist addirittura come l’anno del “possibile tracollo” dopo che il 2015 doveva essere l’anno dell’aggiustamento, ovvero di politiche monetarie e fiscali restrittive per rimettere in ordine i conti pubblici.
Doveva ma non è stato e, anzi, a tenere banco su economia e politiche sociali è, da quasi 2 anni, un’enorme tangentopoli che, al confronto, la nostra Mani Pulite è stata una ‘bazecola’.
Oltre alla quarantina gli imprenditori finiti in carcere delle principali aziende del Paese anche una sessantina di politici sono al momento nel mirino dell’inchiesta. Tra questi l’ultimo tesoriere del PT, Joao Vaccari Neto e José Dirceu – ex ministro vicino a Lula anche lui toccato dall’inchiesta al pari della presidente Rousseff – sono stati arrestati mentre continuano serrate le indagini.
Gli ultimi sondaggi danno il gradimento della presidente Dilma al 7% – un record negativo che batte anche quello di Collor poco prima del suo impeachment – il che significa che oggi anche il popolo minuto, il cosiddetto povao, comincia a convincersi che siano stati usati i loro soldi per finanziare le campagne elettorali passate. Inoltre, il discredito nei confronti delle istituzioni da parte della cittadinanza non fa che aumentare in modo davvero preoccupante.
E se è indubbio che i programmi di inclusione sociale attuati prima dai due mandati di Lula e poi da Dilma sono riusciti a far uscire dalla povertà circa 50 milioni di brasiliani, oggi con la crisi già 5 milioni sono “tornati poveri” nel 2015 e, ancora di più potrebbero imitarli nel 2016 se, come pare, la disoccupazione quest’anno arriverà sino al 14%.
Attualmente sono 58 milioni i brasiliani che ricevono dallo stato sussidi da programmi come Borsa Famiglia, Minha Casa Minha Vida, Luz para Todos. Il rischio è che, con i conti disastrati di oggi, il governo Rousseff non riesca più ad assicurarli, per lo meno a tutti.
Ma quali, in concreto, i problemi principali del Brasile di oggi, oltre alla corruzione? La mancanza di manodopera qualificata, l’istruzione disastrosa, il protezionismo eccessivo, l’incertezza giuridica in materia economica e l’inflazione.
Nonostante la spesa per l’istruzione in percentuale rispetto al PIL negli ultimi 10 anni sia cresciuta ai livelli dei Paesi occidentali, la qualità della scuola pubblica – dall’asilo alla fine delle superiori – continua ad essere carente come dimostrano i recenti test OCSE-PISA, i salari degli insegnanti tra i più bassi dell’America latina ed il semplice fatto che, ad esempio, il 40% delle strutture scolastiche brasiliane non dispone neanche di acqua potabile.
Secondo gli ultimi dati statistici, oltre il 70% delle famiglie brasiliane attualmente non solo non riesce a risparmiare ma si dice indebitata. Altro problema è rappresentato dall’inflazione che ormai sfiora l’11% nonostante la recessione, erodendo il potere d’acquisto soprattutto dei più poveri.
Aspetti positivi ce ne sono comunque, anche se si fa sempre più fatica a trovarne. A cominciare dalla costruzione di milioni di case popolari da parte del governo con il mega-progetto “Mia Casa, Mia Vita” che ha fatto crescere tutto l’indotto dell’edilizia.
Inoltre le potenzialità del Brasile sono enormi ma è urgente ed assolutamente improrogabile la necessità di fare le riforme di cui si parla da anni, da quella politica a quella fiscale, da quella che snellisce la burocrazia a infrastrutture che vadano al di là degli stadi di calcio, da quella scolastica a quella delle carceri, in condizioni pietose in alcune regioni come ad esempio il Maranhao, dove un detenuto muore nell’indifferenza generale in media ogni 4 giorni.