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Fede e spazio urbano

Come annunciare la fede cristiana in un contesto in cui il sacro ha perso la sua visibilità? Dal Brasile delle nuove città una riflessione di padre Francesco Sorrentino, missionario del Pime
Nuovo profilo urbano La nuova configurazione dello spazio urbano è guidata dalle scelte delle persone: tanti spazi vengono creati quanti sono i propri desideri. Se in passato la piazza con la chiesa rappresentava il centro di convergenza della vita cittadina, oggi non è più così. I criteri che definiscono lo spazio pubblico sono diversi: la logica del mercato, l’eccessiva preoccupazione per la salvaguardia della privacy, la divisione per classe sociale (ci sono quartieri e quartieri). La stessa pianificazione urbana mira a favorire il flusso del traffico più che il rapporto tra le persone: è passato il tempo in cui si poteva passeggiare parlando, con calma, senza paura di essere aggrediti o derubati. Persino il valore del vicinato nelle strade ha perso significato: i vicini non si conoscono più. Anonimato e individualismo sono i protagonisti della scena urbana. Lievito nell’impasto Di fronte a questo scenario, la fede cristiana ha due opzioni: accettare passivamente il nuovo profilo delle città e conformarsi ai nuovi parametri che la governano (sfortunatamente, è quanto si nota nell’azione pseudo-evangelizzatrice di alcuni gruppi), oppure rimettersi seriamente in gioco. Questa seconda opzione, lungi dal voler rivendicare la visibilità egemonica di altre epoche, mira a promuovere l’esperienza della testimonianza cristiana come “lievito nell’impasto”. L’evangelizzatore è colui che crede davvero che il Regno di Dio, paragonato da Gesù al granello di senape, cioè a qualcosa che va contro ogni forma di ostentazione, genera una società alternativa basata sull’esperienza della comunione fraterna, la cui radice è nell’accogliere la paternità di Dio. Ridefinire lo spazio urbano In questa prospettiva, è possibile “immaginare spazi di preghiera e comunione con caratteristiche innovative, più attraenti e significative per le popolazioni urbane” (Evangelii gaudium , 73). Il segreto non è quello di teatralizzare la fede cristiana, ma di offrirla agli uomini e alle donne delle città come una proposta gioiosa di conversione e, quindi, di nuova vita. Alla luce del Nuovo Testamento, questa proposta passa necessariamente attraverso l’esperienza della comunità, grazie alla quale è possibile riformulare lo spazio urbano in modo cristiano. Il grande investimento nella pastorale urbana, quindi, è la creazione di piccole comunità, dove le persone, abbandonando l’anonimato della turbolenza urbana, si rendono conto che il Vangelo può umanizzare la città penetrando nelle loro vite.   Questo articolo è stato pubblicato sul numero di aprile della rivista brasiliana del Pime “Mundo e Missao”

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