L’incontro tra il Papa e il patriarca di Mosca Kirill del prossimo 12 febbraio, annunciato oggi, rappresenterà una tappa storica nel cammino ecumenico. E non è un caso che si tenga proprio a Cuba, dove la presenza degli ortodossi russi ha radici che precedono la stessa rivoluzione di Fidel Castro
La notizia del giorno in ambito ecumenico è l’annuncio congiunto da parte della Santa Sede e della Chiesa ortodossa russa dell’incontro che papa Francesco e il patriarca di Mosca Kirill teranno a Cuba il prossimo 12 febbraio. Un incontro storico che costituisce il primo contatto tra le due Chiese e porta a compimento una lunga marcia di avvicinamento.
Ma perché proprio a Cuba? Evidente l’intenzione di collocare questo primo incontro in un luogo terzo rispetto a Roma e Mosca. E a favorire l’isola caraibica è stata la concomitanza tra il viaggio di papa Francesco in Messico e la visita del patriarca di Mosca in America Latina. Ma la domanda resta: perché Kirill si reca a Cuba? Per capirlo può essere interessante gettare un po’ di luce sulla storia di alcune piccole ma signifcative comunità russe della diaspora.
La storia degli ortodossi a Cuba comincia tra il XVIII e XIX secolo quando dalla Russia alcuni emigrati cominciarono a trasferirsi sull’isola, che allora era una ricca colonia spagnola. Solo a partire dagli anni Venti del Novecento, però, con lo scoppio della guerra civile che seguì la rivoluzione bolscevica, si può parlare della prima vera ondata migratoria di russi verso Cuba. Gli emigrati sull’isola continuarono a celebrare le feste ortodosse e periodicamente il clero greco del patriarcato di Costantinopoli arrivava dal Messico all’Avana per officiare liturgie e amministrare battesimi. Fino a quel momento non esisteva un luogo di culto ortodosso e i fedeli si ritrovavano in una casa messa a disposizione da un ex colonnello dell’esercito zarista rifugiatosi a Cuba. Solo alla fine degli anni Cinquanta greci, russi, ucraini e libanesi ottennero dal console greco sull’isola l’avvio di una raccolta fondi per la costruzione di una chiesa ortodossa, che fu terminata nel 1958 e intitolato a Costantino ed Elena.
Con la conquista del potere da parte dei ribelli di Fidel Castro, che avrebbe sostenuto dal 1962 l’ateismo di Stato, i greci – preoccupati per la situazione politica – decisero di rinunciare al tempio e di lasciarlo, con un ufficiale atto di consegna, alla comunità russa. Da allora la comunità ortodossa cubana ha sempre fatto riferimento al Patriarcato di Mosca e già nel 1971 l’esarca dell’America centro-meridioanel visitò Cuba proprio per consacrare la chiesa dedicata a Costantino e Elena, nel quale – però – per anni furono vietate le funzioni religiose.
Solo a partire dagli anni Novanta, l’azione congiunta dell’ambasciata Urss con il Patriarcato di Mosca – insieme al viaggio di papa Giovanni Paolo II sull’isola che favorì un clima di maggiore apertura nei confronti dei culti religiosi – ha portato alla ripresa del servizio della Chiesa ortodossa a Cuba. Nel 1998 a Panama è stata fondata la prima parrocchia del Patriarcato di Mosca e dieci anni dopo è stata consacrata l’imponente cattedrale ortodossa di Kazan, frutto di anni di negoziati ai quali prese parte anche l’attuale patriarca Kirill, in qualità di «ministro degli Esteri» degli ortodossi russi.
Fidel Castro diede il beneplacito alla costruzione del tempio dichiarando che la chiesa era un dono del popolo russo, che nell’arco dei decenni precedenti «aveva versato fatica e denaro per Cuba». Inoltre aveva aggiunto, inequivocabilmente, che la cattedrale della Chiesa ortodossa è un vero e proprio «monumento dell’amicizia cubano-russa».
Il viaggio di Kirill a Cuba – che cade nel 45° anniversario della consacrazione della chiesa dei Santi Costantino e Elena – rinsalda ancora di più la vicinanza del governo alla Chiesa ortodossa che – ha reso noto ieri da Mosca il patriarcato ortodosso – conta sull’isola circa 15mila fedeli.
La visita in America Latina – in programma tra l’11 e il 22 febbraio – non toccherà comunque solo Cuba. Dopo l’isola caraibica il patriarca di Mosca visiterà anche il Paraguay, un altro Paese dove tra gli anni Venti-Trenta del secolo scorso sono emigrati moltissimi russi che hanno dato un grande contribuito allo sviluppo, studiando le realtà locali e insegnando nelle università. Infine, Kirill concluderà il suo viaggio con una tappa obbligata in Brasile per ricordare il 95° anniversario dello sbarco di oltre mille russi a Rio de Janeiro. E va segnalato che nella geografia degli ortodossi russi il Brasile fa parte della diocesi dell’Argentina e del Sud America, che proprio quest’anno festeggia i 70 anni dalla sua fondazione. Tra i gesti che scandiranno le giornate di Kirill in Brasile merita infine di essere segnalata la Divina Liturgia che presiederà sul monte Corcovado, all’ombra della celebre statua del Redentore che domina Rio.