Ancora una volta in questi giorni il Paese centramericano si è trovato a fare i conti con un sisma. La testimonianza di padre Angelo Esposito: “Quasi 90mila persone colpite, crollate le abitazioni dei più indifesi. La loro sofferenza è anche la mia”
La chiesa di Amatitlán è distrutta e i fedeli si riuniranno all’aperto per le celebrazioni. Una comunità povera che, oltre alle ferite ricevute dal Covid, deve provvedere agli ultimi, gli scampati dal terremoto che saranno in cerca di un posto per dormire. Nelle tragedie di queste ore c’è anche il sisma che ha scosso la zona tra la capitale e la costa del Guatemala il 18 febbraio: non è facile tornare alla vita normale, ma non c’è altra soluzione.
In uno dei Paesi più bisognosi d’America si contano 89mila persone colpite dal terremoto e da altre scosse di assestamento sensibili di magnitudo 5.0 e 4.8, registrate soprattutto nei distretti di Retalhuleu, Escuintla e Mazatenango. Parliamo di aree situate tra la capitale, Città del Guatemala, e la costa del Pacifico, dove si incontrano le placche nordamericane, caraibiche e Cocos. Si tratta di una terra fragile, ricca di vulcani e in cui a volte le scosse sono devastanti, specie per i poveri che vivono in baracche fragili. “Il terremoto ha buttato giù le casupole costruite da poveri contadini. Crollano facilmente anche con scosse non di grande intensità”, spiega padre Angelo Esposito, missionario in Guatemala da 10 anni. “Il pericolo è che lamiere e mattoni cadano dai tetti sulle persone, causando non pochi feriti”, avverte. Il sacerdote fidei donum è andato a visitare i più poveri della missione – gente che ha perso quel poco che aveva a causa del terremoto – e ha portato generi di prima necessità.
Padre Angelo Esposito cominciò la sua missione in Guatemala nel 2013, quando, lasciata Napoli, aprì l’«ospedalito», un ambulatorio pediatrico testardamente voluto per i piccoli poveri dei villaggi indigeni. I letti dell’ ospedale che ha realizzato a San Marcos, facilmente si riempiranno con i terremotati scampati al sisma. “Qui il lavoro di assistenza ai piccoli denutriti continua senza sosta – commenta oggi mentre al telefono lo avvisano di una visita da compiere in giornata -. La povertà dei più fragili è accentuata da fenomeni come questo, in cui solo la solidarietà riesce ad alleviare le sofferenze dei fratelli colpiti da eventi catastrofici”.
“Sono in terra di missione da tanto e stare ogni giorno fianco a fianco con il popolo indigeno Guatemalteco mi permette di vivere i successi, le sconfitte le gioie e i dolori di queste comunità. – conclude padre Esposito -. La loro sofferenza, soprattutto ora, è anche la mia”.