È un’analisi lucida quella che i vescovi del Brasile, riunioni in Assemblea, hanno fatto del Paese e della Chiesa stessa, rilevando molti punti critici, ma anche alcuni motivi di speranza: «Soltanto la cultura dell’incontro può promuovere una società più giusta e fraterna»
Si è conclusa da poco la 61° Assemblea generale della Conferenza episcopale del Brasile (Cnbb). Il più numeroso episcopato del pianeta – conta più di quattrocento vescovi – si è riunito dal 10 al 19 aprile presso il Santuario nazionale di nostra signora Aparecida, nello Stato di San Paolo.
Le prime due giornate sono state di ritiro spirituale guidato dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, sul cammino sinodale. Successivamente, i vescovi sono entrati nel pieno dei lavori assembleari che avevano come tema centrale: “La realtà della Chiesa in Brasile e l’aggiornamento delle sue linee-guida generali dell’azione evangelizzatrice”.
Come sempre, il primo appuntamento li ha visti impegnati in un’analisi dettagliata del contesto sociale e ecclesiale brasiliano. Per il discernimento sull’Instrumentum Laboris, con i rispettivi dibattiti e riflessioni, si è scelta la metodologia sinodale, ovvero, la “conversazione nello Spirito”, intorno a 45 tavoli sinodali, dove i vescovi si sono riuniti come in piccole comunità. Come gli stessi presuli hanno dichiarato, «in assemblea abbiamo avuto l’opportunità di dialogare e riflettere sulla nostra partecipazione nella missione della Chiesa e nella società. È stato un momento di comunione e di valorizzazione delle nostre diversità».
Due messaggi
La Conferenza episcopale brasiliana non ha tuttavia consegnato alle comunità cristiane del Brasile le nuove linee-guida per l’evangelizzazione, come alcuni speravano. I vescovi, infatti, attendono le conclusioni del Sinodo sulla Sinodalità in corso, per poter far tesoro anche delle orientazioni che saranno date alla Chiesa universale.
Tuttavia, i pastori hanno lasciato Aparecida con due messaggi: uno ai cristiani cattolici del Brasile, e un altro a tutto il popolo brasiliano. Nel primo, esprimono gratitudine e apprezzamento per l’impegno missionario delle comunità ecclesiali: «Lodiamo Dio per la carità che voi vivete, per l’amore a Gesù e ai fratelli, prendendovi cura degli infermi, degli anziani e dei più bisognosi». Aggiungono: «Incoraggiamo le pastorali, i movimenti e i diversi servizi a diventare sempre più missionari, andando verso tutti per offrire la gioia dell’incontro personale e comunitario con Gesù Cristo».
Bello il richiamo ai cattolici affinché si mantengano uniti: «I valori della nostra fede sono preziosi e stanno al di sopra di questioni partitarie e ideologiche, che non ci devono dividere». Le polarizzazioni ideologiche, infatti, sono penetrate negli ultimi anni anche nelle comunità ecclesiali. Inoltre, in un Brasile sempre più plurale, i cattolici sono invitati ad aprirsi al differente: «Sappiamo rispettare chi la pensa diversamente, dobbiamo ascoltare, dialogare, senza perdere i nostri valori, ma aprendo il cuore per accogliere chi ha altre convinzioni».
Scenario preoccupante
Nel messaggio al popolo brasiliano, i vescovi scrivono: «Riaffermiamo e rinnoviamo la nostra opzione radicale e incondizionata per la difesa integrale della vita che si manifesta in ogni essere umano e in tutto il Creato». In perfetto stile profetico latinoamericano, i presuli non tacciono i mali che affliggono il Brasile e il mondo, mettendo soprattutto in evidenza che la pace è ovunque minacciata: «Le spese militari nel 2023 sono state le più alte dalla Seconda Guerra Mondiale».
Anche rispetto all’attuale scenario del Brasile, i vescovi si dicono preoccupati: «Accompagniamo con dolore l’aumento della criminalità, delle milizie, del traffico di droga, della violenza nelle città e nelle campagne, del bullismo, del vandalismo, del razzismo, del traffico di persone e dello sfruttamento sessuale di bambini, adolescenti e persone in situazione di vulnerabilità; la realtà dei migranti, dei senzatetto, dei carcerati; la corruzione, il nepotismo, e il traffico di influenze violentano il Paese». Dinnanzi a questo quadro, invitano tutti ad essere costruttori di pace: «Dobbiamo costruire la pace che nasce dalla giustizia (cfr. Is 32,17)».
Dialogo e fraternità
Le divisioni presenti nella società brasiliana destano preoccupazione, anche in vista delle prossime elezioni amministrative. L’episcopato brasiliano invita a percorrere il cammino del dialogo: «Il recente passato ci insegna che la ricerca di soluzioni per il Brasile passa necessariamente per il dialogo e la comprensione». Inoltre, i vescovi si augurano che le prossime elezioni comunali possano essere un’opportunità per rafforzare la democrazia attraverso un voto cosciente e libero. Pertanto, «la coscienza civica dovrà stare al servizio degli interessi più profondi del nostro popolo, perché ci sono esigenze etiche per la realizzazione del bene comune […]. Siamo preoccupati che estremismi facciano del processo elettorale un palco di intolleranza e di ulteriore violenza, disprezzando il progetto di fraternità sociale».
Amazzonia e popoli indigeni
Non poteva mancare uno sguardo sull’immensa regione amazzonica. Senza mezzi termini la Conferenza episcopale brasiliana denuncia: «La Amazzonia soffre!». E segnala che le popolazioni che abitano nelle foreste o lungo i fiumi si trovano in una situazione di sfruttamento tale da non poter più vivere dignitosamente. In relazione alle popolazioni indigene, i vescovi chiedono un’attenzione speciale da parte di chi detiene il potere pubblico: «C’è bisogno di migliori politiche pubbliche nell’azione concreta in difesa dei popoli originari e di protezione delle loro terre, specialmente nel territorio yanomami».
Segnali di speranza
Nonostante tante situazioni difficili, l’episcopato non tralascia i segnali di speranza che provengono proprio dalle comunità cristiane, dove tanti uomini e donne di questo immenso Paese incontrano la carità della Chiesa. Infatti, «le comunità cristiane sono state esempi di solidarietà concreta, amicizia e responsabilità sociale. Emarginati nelle periferie sociali ed esistenziali, senza la possibilità di affrontare con dignità il quotidiano, molti incontrano nella comunità la mano tesa che tante volte non viene garantita dal potere pubblico». E concludono: «Soltanto la cultura dell’incontro può promuovere una società più giusta e fraterna».