Il racconto di padre Bosco, missionario del Pime che aveva celebrato Messa a Capodanno nel penitenziario dove sono morte 60 persone in uno scontro tra bande. L’arcidiocesi di Manaus: “La radice del problema sta nella privatizzazione delle carceri”
Testimone diretto delle tensioni tra gruppi criminali nelle strutture carcerarie di Manaus. Ma anche del dolore delle loro famiglie e delle gravi responsabilità delle autorità pubbliche nella situazione esplosiva in cui versano penitenziari in Brasile.
È l’esperienza di padre Bosco Suresh Kumar, missionario del Pime di origini indiane, che a Manaus presta servizio proprio nelle carceri dove si è consumata la terribile rivolta che ha lasciato dietro di sé almeno sessanta vittime alcune addirittura recapitate nello scontro tra due gruppi criminali. Non è la prima volta succede: già in passato padre Bosco si era trovato a mediare in uno di questi scontri e già allora vi era stata una decapitazione. Ma questa volta le proporzioni delle violenze sono state senza precedenti.
“Ero andato là a celebrare la Messa per il Nuovo Anno proprio la mattina del 1 gennaio – racconta padre Bosco -. Mentre celebravo ho notato che c’era meno silenzio rispetto alle altre volte e la cosa mi ha insospettito. Ho chiesto ai detenuti il perché di quell’atmosfera differente e uno mi ha risposto che stava per succedere qualcosa. E al pomeriggio è scoppiata la rivolta”.
“È stato uno scontro tra due gruppi per il controllo dello spaccio della droga – conferma da Manaus il missionario del Pime -. Ufficialmente si è parlato di 60 morti ma temo possano essere anche di più: sono state 200 le persone coinvolte. Ho incontrato tante famiglie che venivano a chiedere notizie dei loro cari che sono morti. Ho parlato con l’arcivescovo e insieme alla pastorale carceraria abbiamo diffuso una dichiarazione”.
Un testo che è molto chiaro nel denunciare le responsabilità pubbliche rispetto a quanto accaduto. “È dovere dello Stato garantire l’integrità fisica di ogni detenuto offrendo le condizioni per scontare la propria pena”, si legge nel testo firmato da dom Sergio Eduardo Castriani, arcivescovo di Manaus.
“Visitiamo le carceri da quarant’anni e per questo possiamo affermare con cognizione che il nostro sistema detentivo non rieduca il cittadino – continua il documento -, ma al contrario diviene scuola di crimine, anziché offrire opportunità di lavoro ai detenuti. La radice del problema carcerario nello Stato dell’Amazonas e in tutto il Brasile è il fallimento delle politiche pubbliche. La privatizzazione del sistema rende più fragile il sistema dal momento che il singolo arrestato diventa solo una variabile economica”.
“Manifestiamo il nostro ripudio per una mentalità che banalizza la vita – conclude la pastorale carceraria dell’arcidiocesi di Manaus -. Non si può rispondere alla violenza con altra violenza, ma solo con la non violenza che promuove una cultura di pace. Confidando nella misericordia divina invitiamo a una Messa di suffragio per le vittime che si terrà sabato 7 gennaio alle 16 nella cattedrale dell’Immacolata Concezione”.