La città colombiana dove oggi arriva il Papa ha provato a voltare pagina rispetto all’etichetta di capitale del narcotraffico. Ma – vent’anni dopo – il successo della serie di Netflix la sta portando a fare di nuovo i conti con quel passato
Nel 2016 ha addirittura ricevuto il premio Lee Kuan Yew, il Nobel dell’urbanistica, come riconoscimento per le sue trasformazioni urbane. Non che i suoi problemi siano del tutto risolti, ma negli ultimi vent’anni Medellin ce l’ha messa davvero tutta per scrollarsi di dosso l’immagine della «capitale del narcotraffico»: maggiore sicurezza, investimenti in arte e cultura, parchi urbani, persino la teleferica per rompere l’isolamento dei quartieri più poveri sulla collina, come racconta molto bene questo articolo. Eppure per la città dove fa tappa oggi il viaggio di Papa Francesco in Colombia lasciarsi davvero alle spalle quel passato resta un’impresa difficile.
L’ultimo fronte arriva infatti dalla televisione con il successo planetario della serie di Netflix «Narcos» dedicata proprio a Pablo Escobar e ai cartelli della droga colombiani. Giunta alla sua terza stagione la serie tv sta avendo come effetto collaterale l’impennata dei tour turistici sulle orme di Escobar, E si prevede che il fenomeno crescerà ulteriormente con il nuovo film di Fernando Leon de Aranoa Loving Pablo, Hating Escobar, presentato proprio in questi giorni alla mostra del cinema di Venezia e che ha come protagonisti Javier Bardem e Penelope Crux.
Come racconta questo reportage uscito in questi giorni sul sito inglese di Die Welle i tour sui luoghi di Escobar stanno diventando un fenomeno di massa, suscitando parecchio malumore tra le autorità cittadine. Si parla addirittura di distruggere alcuni edifici simbolo tra cui l’ultima residenza del boss come forma di rispetto nei confronti delle vittime della violenza criminale, che in quegli anni a Medellin arrivò ad uccidere fino a 22 persone al giorno. E soprattutto suscita sdegno che lo stesso fratello di Escobar sia coinvolto in questi i tour, durante i quali racconta le «opere sociali» promosse dal boss della cocaina tra i poveri di Medellin.
«È stata come un’esplosione qui, con tutti questi turisti – racconta a Die Welle Adriana Valderrama Lopez, direttrice della Casa de la Memoria di Medellín –. Non penso che la gente di Medellin e la città vogliano dimenticare Pablo Escobar. E non penso nemmeno che questi tour siano una brutta cosa in sé. Ma abbiamo bisogno di costruire una memoria collettiva che stia in piedi e dia un senso a tutto ciò che qui è accaduto».