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Messico: violenze contro la Chiesa

Il Report realizzato dal Centro cattolico multimediale mostra come in alcune regioni e città «la violenza ha raggiunto un livello tale da destabilizzare completamente gli aspetti della vita economica, sociale politica e anche religiosa del Paese». Presi di mira luoghi di culto e personale della Chiesa

Un Report diretto non solo al mondo della comunicazione, un lavoro di analisi per ricercare, riportare e denunciare qual è lo stato di sicurezza per i cattolici in Messico terra in cui, oltre a migranti, donne, poveri e persone in genere, anche gli appartenenti alla Chiesa cattolica sono vittime di violenze e soprusi da molti anni.

“Violenza contro i sacerdoti, religiosi e istituzioni della Chiesa cattolica in Messico” è il frutto dell’impegno del Centro cattolico multimediale, organismo diretto da padre Sergio Omar Sotelo Aguilar e con a capo del settore informazione Guillermo Gazanini Espinoza, che analizza quale sia la reale situazione del settore sicurezza sino al 2024.

Come mai prima di oggi nella storia del Messico, la violenza ha raggiunto livelli preoccupanti che colpiscono tutti i settori sociali, scrivono gli autori dell’indagine. «In un modo o nell’altro, siamo stati testimoni o, peggio ancora, siamo vittime dall’orrore che in alcune regioni e città la violenza ha raggiunto un livello tale da destabilizzare completamente gli aspetti della vita economica, sociale politica e anche religiosa del Paese».

Il lavoro di analisi parte dall’ultimo episodio drammatico che ha colpito il Messico: l’uccisione di padre Marcelo Perez, testimone degli ultimi. Difensore degli indios, che popolano soprattutto il sud del Paese, si era anche occupato dell’ambiente, casa comune spesso violata da inquinamento, razzie di animali e distruzione di risorse. Battaglie che per anni padre Perez ha portato avanti senza paura.

Si tratta di un delitto compiuto lo scorso ottobre, in occasione della celebrazione della Giornata missionaria. La Chiesa cattolica, ma anche la società civile, sono rimaste sconvolte dalla morte violenta di Padre Perez, attivista dei diritti umani e sacerdote della diocesi di san Cristóbal de Las Casas. «Il suo omicidio – sottolinea il Report – non è stato circostanziale, né un “danno collaterale”, la sua azione pastorale a favore dei diritti umani era scomoda per coloro che lo hanno eliminato».

L’analisi rimarca il vuoto di potere che il Paese attraversa e ciò si evince dalle vittime, donne e uomini che, a causa della mancanza di giustizia, sono diventati riferimento sociale per le campagne sui diritti umani e sono stati spesso oggetto di violenze.

Agenti di pastorale, laici, sacerdoti e ministri di altre Chiese si sono fatti carico di un ruolo che le autorità hanno declinato. «Il vuoto di potere e lo smantellamento dello stato di diritto, provocano una necessità – sottolinea il documento – qualcuno deve assumersi ciò che lo Stato ha smesso di fare, per incapacità o, peggio ancora, per convivenza con i malfattori generando un binomio distruttivo: corruzione ed impunità».

Il rapporto sottolinea che il 21% delle aggressioni riguarda luoghi di culto, chiese di campagna, conventi e cattedrali, presi di mira da criminali che saccheggiano anche gli oggetti religiosi. Nel 37% dei casi, però, i luoghi di culto sono stati attaccati e vandalizzati per motivi di intolleranza e discriminazione religiosa.

Nel periodo che va dal 2018 al 2024, termine del mandato presidenziale di Lopez Obrador, 10 sacerdoti assassinati, 10 ministri del culto tra sacerdoti e religiosi sono stati aggrediti, mentre 2 sacerdoti sono spariti da più di 10 anni. Inoltre si contano circa 900 estorsioni e minacce di morte contro membri della Chiesa cattolica.

Sicuramente rispetto al periodo precedente, che corrisponde alla prima vittoria alla presidenza del Messico di Obrador, il numero di presbiteri uccisi è diminuito, mentre il numero delle violenze non tende a ridursi. Non sono mancati gli attacchi ai luoghi adiacenti le parrocchie, con case canoniche danneggiate o vandalizzate: il report ne conta ben 26.

Anche il vescovo di Orizaba, Eduardo Cervantes Merino è stato aggredito sull’autostrada Puebla-Orizaba mentre viaggiava assieme a un sacerdote. Nell’assalto gli è stato rubato l’anello episcopale. L’aggressione è stata riportata sui social e si intravedono almeno otto persone armate che attaccano diverse auto tra le quali quella del vescovo il 3 aprile 2024.

Tra i tanti assaltati troviamo anche il vescovo emerito di Chilpancingo-Chilapa, Salvador Rangel Mendoza, vittima di un rapimento che ha messo in serio rischio la sua vita e la sua salute.

Il vescovo di Tehuacán, Gonzalo Alonso Calzada Guerrero è stato invece aggredito da un gruppo armato che lo ha derubato e abbandonato in una zona disabitata, lasciandolo fortunatamente vivo il 23 luglio 2024, mentre si stava dirigendo a Magdalena Alquizapam, nella parrocchia di Santa Isabel Atenayuca.

Questi episodi collocano il Messico al primo posto tra i Paesi latinoamericano con il più alto numero di attacchi a luoghi sacri. Seguono Colombia, Brasile, Guatemala, Venezuela, El Salvador e Argentina.

Un altro triste primato lo registra anche in tema di persone scomparse. Anche qui il Messico vede tra i desaparecidos alcuni sacerdoti. Fino ad oggi non si hanno notizie di padre Santiago Álvarez Figueroa della diocesi di Zamora, scomparsa dal 29 dicembre 2012. Padre Carlos Órnelas Puga è sparito il 3 novembre del 2013 e non si sa dove sia. Il caso è stato affidato al Gruppo anti-rapimenti di Tamaulipas, i cui membri sono stati aggrediti da sconosciuti nel comune di Padilla nei primi giorni dell’indagine.

Uno degli obiettivi della ricerca è raccogliere informazioni reali e oggettive sulle dimensioni del problema delle aggressioni contro sacerdoti, catechisti, pastori e ministri di culto, ma anche fare memoria di coloro che sono stati uccisi poiché, recita il Report, «il ricordo fa sì che la memoria perduri e si realizzi la riparazione del danno alle comunità ferite».

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